Home ATTUALITÀ Covid, Omicron 5 come influenza? Cosa dicono Andreoni, Bassetti, Lopalco

    Covid, Omicron 5 come influenza? Cosa dicono Andreoni, Bassetti, Lopalco

    (Adnkronos) – La variante del Covid Omicron BA.5 o Omicron 5 come un’influenza? Su questa ipotesi gli esperti sono divisi. Da Bassetti a Vaia passando per Lopalco, ecco cosa ne pensano.  

    Bassetti
     

    Sull’ipotesi che la variante Omicron BA.5 o Omicron 5 possa essere come un’influenza, “fondamentalmente penso che sia così, in alcuni casi anche meno. Abbiamo forme di raffreddore rinforzato, naso che cola e mal di gola. In 3-4 giorni massimo in un vaccinato questa forma si risolve”. Così all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, commentando quanto affermato dall’infettivologo Giovanni Di Perri: 

    “L’ultima variante non scende quasi mai nei polmoni, viene dal Portogallo dove sta passando senza danni”. Secondo Bassetti, “siamo di fronte ad una forma simil influenzale, quindi molto contagiosa, ma se osserviamo i dati delle ospedalizzazioni nei Paesi dove BA.5 è già passata non si sono alzati, si è ricoverata pochissima gente”. 

    “Ci dobbiamo abituare a vedere situazioni come quella che stiamo vivendo oggi, ovvero l’aumento dei contagi, le avremo sempre – rimarca lo specialista – Dopo di che, è utile indicare ogni giorno in Italia chi è positivo ad un tampone? No. Creiamo solo insicurezza. Abbiamo le armi per affrontare questa infezione e dobbiamo guardare avanti”. Bassetti torna poi su quanto evidenziato dal collega Di Perri: “Noi due lavoriamo in reparto e abbiamo ogni giorno a che fare con il Covid”. 

    “Il virus circola e pensando ad ottobre non possiamo mettere la gente in scacco oggi solo per costringerla a vaccinarsi – evidenzia l’infettivologo – Il virus non morde ed è una forma molto simile all’influenza, i vaccini fatti ci coprono dalle forme gravi della malattia. Certi atteggiamenti catastrofisti non vanno bene”. 

    Andreoni
     

    “Clinicamente è già un’influenza, magari con un febbrone, ma certamente non stagionale, visto che sono 9 mesi che sta circolando in maniera violenta considerati anche i decessi. Quindi possiamo parlare di ‘influenza’, ma con la dovuta cautela, Sars-CoV-2 non è andato in soffitta e la sottovariante Omicron BA.5 ci dimostra che qualche elemento di preoccupazione rimane. Non possiamo pensare che sia tutto finito”. Così all’Adnkronos Salute Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). 

    “Ci possiamo consolare con un impatto clinico della malattia che oggi non è terribile, ma dipende dalla scelta che si vuol fare da un punto di vista politico – sottolinea lo specialista – Siamo di fronte ad un virus che ancora non ha travato una sua stabilizzazione, continua a mutare, quindi dobbiamo ancora stare molto attenti”. 

    Lopalco
     

    “Covid-19 è Covid-19 e influenza è influenza. Non sono uguali. Il carico di malattia e l’impatto sulle strutture sanitarie causato dall’ondata di Omicron lo scorso inverno è stato maggiore di quello causato da una stagione influenzale. In più non conosciamo ancora il carico dovuto al Long Covid. Quindi meglio non confondere le due patologie”. Lo spiega all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento. 

    Un altro elemento che l’esperto sottolinea è l’importanza, che permane, delle misure di contenimento: “L’influenza è una patologia importante che finalmente abbiamo tenuto sotto controllo grazie a una maggiore copertura vaccinale e all’uso diffuso di mascherine. Perché mai dovremmo rinunciare a queste misure di controllo?”, chiede Lopalco. 

    E per quanto riguarda le spinte a ‘normalizzare’ anche sulle cautele per le persone positive a Sars-CoV-2, l’epidemiologo chiarisce: “Anche con l’influenza non si va a lavorare. Esiste l’isolamento domiciliare, anche se non formalizzato. Sicuramente con Omicron le regole dell’isolamento dei positivi asintomatici andranno riviste – ammette – ma guai a pensare che un portatore di virus possa liberamente andare in giro a diffonderlo. Non va bene per l’influenza, ancor meno per Covid-19”. 

    Vaia
     

    “Oggi come ieri le varianti” du Sars-CoV-2 “non devono spaventarci. Restano ‘sorvegliate speciali’ e vanno studiate, così come stiamo continuando a fare. No quindi ad allarmismi, ma vanno aggiornati gli strumenti, vaccini e terapie. E poi servono interventi di sistema sui luoghi della socialità, per un autunno che non ci colga impreparati”. Lo scrive su Facebook il direttore generale dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, commentando un comunicato dell’Istituto su quanto ad oggi sappiamo sulle sottovarianti Omicron, in particolare su BA.5. 

    Minelli
     

    E’ dall’avvento di Omicron che “si continua a discutere di un possibile virus ‘raffreddorizzato’ e cioè di un virus che, per un suo progressivo adattamento all’uomo, avrebbe generato varianti via via meno virulente. Sul versante squisitamente immunologico, mi limito a dire che le difficoltà che il coronavirus sta incontrando e sempre più incontrerà sono legate ad una sinergia straordinaria di dinamiche difensive prodotte dalla vaccinazione e dalle infezioni di persone vaccinate e non vaccinate. Ecco perché procedere al completamento dei programmi di vaccinazione diventa elemento strategico per un controllo definitivo della pandemia”. Lo spiega all’Adnkronos Salute l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata. 

    “Sono i dati scientifici provenienti dai focolai attivi nelle diverse aree del mondo a dirci univocamente che la pandemia è ufficialmente entrata in una fase in cui il Sars-CoV-2, con tutte le sue prossime possibili performance, incontrerà ostacoli per lui sempre più difficili da superare – prevede l’immunologo – se non in termini di diffusività, certamente in termini di pericolosità e, dunque, di letalità”. 

    Cosa ha detto Di Perri
     

    Il Covid è tornato ma ormai è come un’influenza. “È improbabile che il virus muti riacquistando una maggiore capacità di ledere. Non gli conviene, anche per lui è meglio rimanere un addizionale. È una buona notizia perché non dobbiamo preoccuparci troppo, nemmeno delle nuove varianti”, l’ultima delle quali si è diffusa a partire dal Portogallo. A dirlo Giovanni Di Perri, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, in una lunga intervista su ‘Libero’. 

    “Io al momento ho nove pazienti”, racconta. “A tutti ho fatto la Tac polmonare perché se c’è anche solo un sospetto bisogna agire in fretta”. Solo uno dei pazienti, però, ha un’infezione da coronavirus. “Uno su nove. Non è un numero allarmante”, dice sottolineando che l’aumento dei numeri dei contagi non preoccupa come in passato. “Prenda il Portogallo: è stato il primo Paese a registrare un aumento dei casi con le sottovarianti di Omicron e comincia a scendere”. I parametri su cui si basano i dati dell’epidemia che vediamo in questi giorni sono stati tarati su Delta. Ora “Omicron e le sue sottovarianti, compresa l’attuale Ba 4 o 5, hanno una capacità minore di dar luogo a infezioni polmonari”. Non a caso “da Natale a oggi abbiamo avuto tre volte i casi che abbiamo registrato prima. Però gli ospedali non sono andati gambe all’aria e non c’è stato un aumento esponenziale dei decessi. Il tutto in un momento in cui si sono pure allentate le misure anti-contagio”. 

    Le persone che finiscono in terapia intensiva “al 90% sono soggetti anziani o con gravi problematiche pre-esistenti. Insufficienze cardiache, obesità, patologie croniche. Il coronavirus sta diventando l’equivalente dell’influenza, ed è un bene. Il virus è mutato così tanto con lo scopo di aumentare la sua contagiosità che ha perso sul lato della patogenicità. In termini semplici, non fa più così male”, questo anche grazie ai vaccini che “hanno ridotto il rischio, ma col tempo il Sars-Cov-2 è stato meno capace di lederci. Con Omicron abbiamo registrato almeno dodici milioni di infezioni. Sono quelle ufficiali, il numero reale è presumibilmente molto più alto. Questa ‘lenzuolata’, mi si passi il termine, ha prodotto un’immunità spontanea che è migliore rispetto a quella vaccinale perché è più fresca e riguarda le varianti che circolano adesso”.