La richiesta di Mario Monti di trovare in pandemia un sistema che concili la libertà di espressione “ma che dosi dall’alto l’informazione” potrebbe essere controproducente. “Le informazioni nella guerra al covid 19 non vanno dosate. Più chiare e veritiere sono, maggiore è l’adesione e l’apprezzamento dei cittadini. Se l’informazione è gestita in modo occulto, diventa non credibile e favorisce la dissociazione della cittadinanza”. Così il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli che all’Adnkronos rimarca: “Il dibattito sulle misure attuate in pandemia deve restare libero perché di carattere politico, nel confine tracciato da una comunicazione oggettiva, veritiera, tempestiva e chiara da parte delle istituzioni”.
Secondo Mirabelli, “le dichiarazioni di Monti sono sicuramente autorevoli e toccano un problema esistente: la responsabilita della comunicazione. Soprattutto in tv sarebbe infatti opportuno evitare di eccitare il conflitto proponendo opinioni esasperate che fanno ascolto ma cattiva informazione. C’è inoltre una diffusione di informazioni e prese di posizione a volte non convergenti, o addirittura contrastanti che possono creare disorientamento nell’opinione pubblica e per cui è necessaria capacità critica, che dovrebbe esprimersi sia attraverso l’auto-responsabilità dei giornalisti, che nella capacità critica degli utenti”. Bisogna perciò trovare modalità meno democratiche? “Io – risponde – mi preoccuperei a limitare le modalità del dibattito. Già siamo in un contesto di limitazioni all’esercizio di alcune libertà, se accentuiamo ci avviciniamo a compressioni ancora più gravi”. Tra l’altro “se c’è qualche controllo della comunicazione da parte delle autorità, inseriremmo un uso dello strumento che non in questo attuale contesto, ma in una deriva autoritaria, potrebbe essere molto pericoloso”.
“La libertà di manifestazione del pensiero deve essere assoluta, salvo che non sia lesiva di altri diritti – dichiara il presidente emerito della Consulta – Io distinguerei dunque tra comunicazione istituzionale che deve essere oggettiva, tempestiva ed appropriata e si deve basare su dati; e dei media, che svolgono un ruolo essenziale sia nella diffusione delle informazioni che nella valutazione critica, che concorre a formare l’opinione pubblica ed è strumento di dibattito che anima la democrazia”. “La valutazione delle misure da adottare – conclude – non è infatti la conseguenza matematica dello stato epidemiologico, ma analisi politica di misure più o meno idonee ad affrontare l’epidemia. Norme che devono essere adeguate rispetto al fine, proporzionate nel sacrificio che si impone rispetto al bene positivo che si persegue e temporanee. E’ un fatto dunque positivo e fisiologico della democrazia discuterne”.
(di Roberta Lanzara)