(Adnkronos) – “La letteratura internazionale conferma con crescenti evidenze che l’immunità naturale” sviluppata dai guariti da Covid-19 “è migliore e più duratura rispetto all’immunità indotta dal vaccino”. Tanto “solida” da aver “protetto dagli effetti gravi dell’infezione da variante Omicron ancora meglio di quanto abbiano fatto i vaccini”. Su queste basi, allora, “forse è arrivato il momento di correggere alcune storture che producono danni a pazienti e medici”. L’invito a “riappropriarsi del ragionamento clinico-scientifico, invece di andare avanti a colpi di editti e soprusi”, arriva con parole forti da Nino Mazzone, fra i medici italiani contagiati durante la seconda ondata di Covid.
“L’esperienza fatta assistendo nel dipartimento che dirigo oltre 7mila malati Covid, e l’aver pubblicato oltre 20 lavori su riviste peer reviewed – dichiara all’Adnkronos Salute l’esperto, a capo del Dipartimento di Area medica, Cronicità e Continuità assistenziale dell’Asst Ovest Milanese – mi fa sostenere che una buona medicina dovrebbe correggere gli errori e prendere una posizione nuova sui molti milioni di italiani” che, forti dello ‘scudo immunitario’ guadagnato superando l’infezione da Sars-CoV-2, “meritano un trattamento differenziato rispetto agli altri. Sia sulle indicazioni vaccinali che sul Green pass”.
Nel novembre 2020 Mazzone venne ricoverato per Covid nel suo stesso reparto all’ospedale di Legnano. E da allora – benché regolarmente immunizzato come prevede la legge sull’obbligo vaccinale per i sanitari, pro-vax e pro-pass senza ambiguità – lo specialista combatte “una battaglia che risale” appunto “all’epoca pre-vaccinale: già a dicembre 2020 avevo evidenziato l’oppotunità di aspettare a vaccinare i guariti da Covid-19, essendo questa un’infezione nuova i cui meccanismi immunitari andavano compresi a fondo”. Più volte si è detto “inascoltato e deriso”. E adesso, di fronte a certe “storture”, si confessa “basito”.
Mazzone riassume la sua rabbia in “due episodi. Il primo: una ragazza di 22 anni affetta da Covid nel 2020 fa sia la prima vaccinazione che la seconda – racconta – La chiamano per la terza dose, lei esegue un test sierologico che evidenzia anticorpi anti Sars-CoV-2 superiori a 48mila, io redigo un certificato in cui per motivi medici e da immunologo clinico dico che è meglio aspettare a vaccinarla, ma la paziente viene vaccinata. Ebbene, credo che si configuri un avvenuto overtreatment, fattispecie che in medicina è conosciuta e ben definita anche da un dibattito recente”. In sintesi, “il sovra-trattamento è l’antiquato e trascurato concetto di inappropriatezza”: si verifica cioè “quando i benefici ipotizzati di un intervento non ne controbilanciano i rischi”.
Secondo episodio: “Un dirigente medico si ammala di Covid-19, esegue la prima e la seconda dose di vaccino regolarmente, ma non legge una Pec che gli intima di comunicare immediatamente la sua situazione, peraltro regolare. E senza essere chiamato, prima dell’ultimatum Pec di 20 giorni, viene sospeso dall’Ordine con denuncia al ministero e alla procura della Repubblica. Una vera barbarie”, protesta il primario.
Da sempre, dall’indomani della guarigione, “il mio ragionamento da clinico e da immunologo clinico – spiega ancora Mazzone – si basa per prima cosa sul fatto che in medicina non si è mai trattato un paziente che ha avuto un’infezione virale allo stesso modo di una persona che non ha avuto la malattia. Secondo aspetto”, quando si cominciò a farlo “non esisteva nessuna evidenza scientifica secondo cui vaccinare i guariti fosse utile. Terzo aspetto, c’è la sierologia, il test che dosando gli anticorpi può essere utile a capire se e quando è necessario vaccinarsi perché si perde l’immunità del guarito”.
“C’è chi insiste nel dire – incalza Mazzone – che gli anticorpi non sono utili per valutare i guariti, per decidere se e quando fare loro un vaccino”, ma poi “il 2 ottobre presenzio a una lettura magistrale di Fauci”, l’immunologo della Casa Bianca, tra le voci scientifiche più accreditate della lotta alla pandemia, “e udite udite: proietta diapositive nelle quali mostra che il booster fa aumentare la risposta anticorpale di 42 volte. Allora però mi viene un dubbio: gli anticorpi sono utili sempre o quando convengono?”.
Da quel novembre 2020, dai giorni dello “yogurt che un mattino improvvisamente sa di calce e capisci che Covid è arrivato”, a mano a mano si accumulano i dati e “cominciano a uscire lavori importanti – ripercorre l’esperto – come il nostro pubblicato a fine maggio su ‘Jama Internal Medicine’ a dire che, a distanza di un anno, i tassi di reinfezione nei guariti sono inferiori all’1%. Poi iniziano le segnalazioni da varie parti del mondo, secondo cui chi ha avuto Covid è protetto meglio anche contro Omicron. Fino al 16 febbraio, quando il ‘New England Journal of Medicine’ pubblica dei lavori in base ai quali chi ha avuto Covid-19 è ulteriormente protetto con una sola dose di vaccino”.
A fronte di tutto questo, Mazzone ritiene “sconcertante che in Italia gli anticorpi non vengano considerati, non abbiano un peso come invece ce l’hanno in altri Paesi dove il vaccino viene fatto a chi perde la risposta anticorpale. Come ho già avuto modo di far notare, se all’esame di immunologia avessi detto che gli anticorpi non servivano, mi avrebbero bocciato”. Gli anticorpi contano eccome, ripete lo specialista sottolineando anche come “dai dati Iss, a fronte di oltre 12,4 milioni di italiani che hanno avuto Covid, emerge che da fine agosto i reinfettati sono stati circa 219mila”. Insomma, conclude il medico guarito, “continuare con editti e soprusi non considerando le diversità non è espressione di un Paese civile. Quando si procede per editti, soffocando il dibattito – chiosa Mazzone – vuol dire che siamo al capolinea”.