La versione di Francesco Zambon è in 1.532 pagine, custodite in una chiavetta di pochi centimetri. Ora, a quanto apprende l’Adnkronos Salute, è nelle mani dei pm di Bergamo, che indagano su più fronti per far luce sulla gestione della pandemia in quella che si è rivelata essere una delle prime aree più duramente colpite da Covid-19 in Italia. Un lavoro d’inchiesta che si è man mano allargato accendendo i riflettori anche su punti critici come il mancato aggiornamento del piano pandemico e altri aspetti ancora da chiarire.
In quelle 1.532 pagine, l’ex funzionario dell’Organizzazione mondiale della sanità ha voluto raccogliere la ricostruzione di tutto quello che è successo dal giorno in cui, in seno all’agenzia Onu per la salute, si è pensato di realizzare l’ormai famoso report ‘An Unprecedented Challenge’ sulla prima risposta dell’Italia a Covid-19, fino al giorno della pubblicazione e del suo successivo ritiro, nel maggio 2020. Il filo è la cronologia dei fatti – con la guida di una tabella di 63 pagine – e ogni passaggio è documentato da una mole di documenti, scambi di comunicazioni, email, raccolti in 182 allegati. E’ la verità di Zambon, una memoria personale depositata nei giorni scorsi in procura.
E’ la prima volta che l’esperto fornisce tutti i documenti di cui è in possesso per ricostruire la vicenda che lo ha visto protagonista. E il suo legale, Vittore d’Acquarone, spiega all’Adnkronos Salute il senso dell’iniziativa: “Francesco non è indagato. Come persona informata dei fatti ha voluto fornire tutto il materiale disponibile, una scheda corredata di tutti i relativi allegati con la quale ha ricostruito in termini analitici, per quanto a sua conoscenza, tutto il percorso”. Un’iniziativa che arriva dopo che negli stessi uffici a essere depositata era stata un’altra memoria, in questo caso difensiva. Quella dell’ex direttore vicario dell’Oms, Ranieri Guerra, indagato per false informazioni al pm.
“Sono state rilasciate parecchie interviste e fatte allusioni al fatto che Zambon avesse fatto una ricostruzione parziale e maliziosa degli avvenimenti – dice il legale – Lui, nella prima deposizione alla procura di Bergamo, ha semplicemente risposto alle domande e commentato email e documenti che gli sono stati esibiti, resi pubblici da altri e finiti al centro di trasmissioni televisive e sui media. In questa circostanza, invece, Zambon ha attinto alla propria documentazione dell’epoca e ha ricostruito analiticamente tutti i vari passaggi. Voleva dare prova del fatto che tutto quel che ha sempre sostenuto sin dal maggio 2020 è supportato anche da materiale corposo”.
Email, documenti interni, con i quali “ha ricostruito minuto per minuto quali sono state le comunicazioni relative al rapporto. Ha portato tutto quello che ha, per dare un quadro completo”. Zambon vuole ristabilire alcuni punti. “Si è alluso – aggiunge D’Acquarone – al fatto che avrebbe pubblicato il report addirittura senza essere autorizzato, che avesse interessi personali. Questo, a un uomo che si è sentito costretto a dare le dimissioni, senza Tfr e perdendo lo stipendio, fa venire voglia di mettere tutto sul tavolo. E poi ciascuno farà le sue valutazioni”.
Un passaggio che si punta a chiarire è la suggestione secondo cui Zambon avrebbe fatto “un salto in avanti”, pubblicando il report il 13 maggio quando doveva essere pubblicato il 24 dello stesso mese. “In realtà il 24 maggio era il termine ultimo. E tutta l’Oms o le persone che lavoravano intorno a quel rapporto in Oms sapevano che anticipare le date sarebbe stato un vantaggio, per quella che era la funzione del report, cioè allertare gli altri Paesi utilizzando l’Italia come esempio. Sono riusciti a ultimarlo il 13 e lo hanno pubblicato, tutti consapevoli, in modo trasparente, anche congratulandosi del fatto che erano riusciti ad anticiparlo. Nessun salto in avanti”, dice il legale. Anche su questo vengono forniti documenti.
“Per un attimo diamo credito alla tesi secondo cui Zambon avrebbe prodotto un rapporto di scarsa qualità, lo avrebbe pubblicato senza esserne autorizzato e poi avrebbe dato colpa della pubblicazione ai suoi superiori. Se fosse stato così – ragiona D’Acquarone – lo avrebbero licenziato il giorno dopo. Invece non ha ricevuto nessun richiamo disciplinare e anche al momento delle dimissioni ha ricevuto valutazioni elevatissime come funzionario, come quelle degli anni precedenti. E, d’altronde, l’Oms e Guerra non hanno detto niente fino ad autunno 2020. Questa tesi nasce a mesi dal ritiro. Secondo noi le ragioni erano altre. Le ha sospettate Zambon o dedotte da alcuni fatti sin da maggio 2020. E le chat fra Guerra, Brusaferro e Zaccardi emerse nel 2021 qualche domanda se non altro devono farla porre”.
Quanto alle osservazioni avanzate sul report, chiarisce D’Acquarone, “la valutazione finale dell’organo più alto dell’Oms, che era stato interessato solo in epoca Covid delle pubblicazioni, aveva delle considerazioni sullo stile e delle considerazioni sul ‘China box'” relativo ai primi giorni di Sars-CoV-2, “ma non erano condizionanti rispetto alla pubblicazione. Quindi Zambon sullo stile non ha ritenuto di fare modifiche. Sul China box ha fatto le sue verifiche e poi ha pubblicato. Il via libera deriva dal fatto che l’approvazione finale era un’approvazione che non poneva condizioni. La decisione di pubblicare il rapporto il prima possibile era condivisa da tutti”. Loro erano informati del fatto che il report usciva quel giorno? “Assolutamente sì. Era informato l’Oms ed era informato anche Guerra”.
Quanto alla necessità di informare il ministro della Salute Roberto Speranza, “si sa quale fosse il ruolo di Guerra in Italia, designato da Tedros su richiesta di Speranza proprio perché tenesse i rapporti tra Oms e Italia sulla pandemia. Guerra era pacificamente informato sul rapporto, gli era stato mandato l’indice, era linkato a tutti i meeting settimanali con i quali il gruppo si aggiornava sul livello di evoluzione del documento, era in cc nelle email. Nessuno lavorava alle sue spalle. E, visto il suo ruolo, nessuno gli chiedeva se passo passo si confrontasse col ministro, si poteva dare per acquisito”.
Qual è l’auspicio adesso? “Zambon – conclude D’Acquarone – non è parte di nessun procedimento. La speranza è che riesca a trovare un po’ di serenità, e magari un altro lavoro. Quando qualcuno dice che ha tratto vantaggio personale, se lo si dice rispetto al libro che ha pubblicato, basta informarsi: probabilmente non ne ricava lo stipendio di un mese, un mese e mezzo. Dal punto di vista personale ha tratto solo sofferenze e svantaggi. Ha fatto la scelta di portare avanti un certo tipo di ragionamento in linea secondo lui con le sue mansioni, cioè agire nell’indipendenza dell’Oms. Anche la sua ultima decisione di produrre tutti i documenti che aveva va in questa direzione”.