“Se una operazione programmata alla colecisti, che di norma si supera con una operazione in laparoscopia e una notte di degenza, viene rimandata per un anno o oltre, il paziente si ritroverà con una pancreatite. Una condizione che può diventare invalidante. Quindi abbiamo oggi malattie benigne che si trasformano in patologie letali”.
Sono affermazioni pesanti, che fanno oscillare fra rabbia e dolore, quelle pronunciate dal presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi), Marco Scatizzi, chiamato a commentare la situazione ospedaliera in questi giorni di ‘ritornato’ allarme Covid.
Il chirurgo: “L’attività programmata negli ospedali pubblici è ferma e la situazione delle liste d’attesa è terrificante”
Esattamente come già accaduto negli scorsi due anni (situazione per altro pagata anche ‘tragicamente’ da numerosi malati oncologici), come denuncia il chirurgo rispetto a quelli che sono di norma le attività quotidiane negli ospedali, attualmente invece “L’attività chirurgica programmata negli ospedali pubblici italiani è di fatto ferma, limitata agli interventi d’urgenza o a salvaguardare quelli oncologici non rimandabili. Ma in queste condizioni si sommano ritardi a ritardi, e la situazione delle liste d’attesa è terrificante”.
Il chirurgo: “Il finanziamento da solo non basta, andava pianificata una programmazione delle risorse umane”
Inoltre avverte ancora Scatizzi, “Il finanziamento ad oggi non ha coperto la stabilizzazione degli infermieri e dei medici che sono stati assunti per l’emergenza. Se avessimo dato una programmazione certa a queste risorse umane, forse oggi non saremmo in queste condizioni”.
Il chirurgo: “La soluzione? Se investiamo negli operatori e nelle strutture, in un anno recuperiamo il 70% degli interventi”
Riguardo poi alle liste di attesa, il presidente Acoi spiega che l’unica soluzione praticabile, e più rapida, è che “Il ministro della Salute, Roberto Speranza, e le Regioni investono oggi in quello che chiediamo, ovvero più operatori (infermieri, anestesisti, chirurghi) e nelle strutture, in un anno possiamo recuperare il 70% degli interventi rimandati. Mancherebbe un 30% che si può smaltire nel 2023 se riprendiamo a regime e non ci sono ulteriori problemi”.
Max