Covid Italia, perché ancora tanti morti? Cosa dicono Galli, Pregliasco, Crisanti

(Adnkronos) – Prosegue la discesa dei nuovi contagi covid in Italia, ma il numero di morti continua comunque a restare alto. Perché accade? A rispondere sono Massimo Galli, Fabrizio Pregliasco, Andrea Crisanti e Maria Rita Gismondo.
 

Al professor Massimo Galli, già responsabile del reparto malattie infettive del Sacco di Milano e oggi ospite ad Agorà “piacerebbe avere una spiegazione chiara. Posso aggrapparmi al fatto che il nostro è un paese molto anziano e tra i colpiti di quest’ultima grande ondata ci sono stati molti anziani. Una delle cose che vorrei sapere è quanti decessi tra quelli registrati sono Omicron”, dice. “Questo ci permetterebbe di capire come dovremmo regolarci nei confronti della variante, che per molti versi è responsabile di una percentuale minore di casi gravi. Ma se i casi gravi sono comunque non pochi, qualche preoccupazione resta per quanto riguarda gli aspetti clinici. A livello epidemiologico generale, è evidente che siamo in una fase di remissione. Non dobbiamo trovarci nuovamente in difficoltà in autunno. Non sono pessimista, vorrei un realismo che impari le lezioni. Non dobbiamo buttare via la fatica fatta sinora”, afferma. 

“Anche ieri è caduto un boeing e ci vorrà ancora un mesetto per vedere quasi azzerata la curva dei morti Covid”, dice quindi all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente della Statale di Milano. Un mese intero “perché – spiega il medico – c’è tutta la ‘carriera’ della malattia”, che può portare a esiti fatali e “che non passa per forza di cose dalla terapia intensiva. Anche i pazienti che sono ricoverati nei reparti ordinari in ospedale purtroppo li vediamo al mattino che stanno bene e poi invece magari vengono a mancare. Pochi per fortuna, ma succede”, sottolinea Pregliasco. Ma tornando all’annosa questione del conteggio, muoiono per Covid o con Covid, “il 60% di positivi nei reparti ordinari – chiarisce l’esperto – muore per Covid, il 40% con Covid. In terapia intensiva è solo il 23% con Covid, quindi il grosso è per Covid”. 

“Quando diventa un’influenza? E’ come chiedere quando una tigre diventa un gatto”, risponde il virologo Andrea Crisanti, oggi ospite a L’Aria Che Tira. “Ora – dice – il vaccino è lo strumento per ingabbiare la tigre. La maggior parte dei ricoverati in terapia intensiva, circa il 72%, sono non vaccinati. I decessi sono legati soprattutto a persone molto anziane, che sono affette da diverse patologie. Cosa sta accadendo? Guardiamo l’Inghilterra, che è sempre un po’ in anticipo rispetto a noi. Lì da circa 15 giorni i casi non sono più in diminuzione, è stato raggiunto un equilibrio tra la capacità del virus di trasmettere e le misure per bloccarlo. In Inghilterra si oscilla tra i 45mila e i 60mila casi al giorno, in Italia ci fermeremo ad un numero più basso. Potenzialmente potremo però trasferire l’infezione a persone di 80-85 anni che, se infettate, rischiano molto”. 

“I morti caleranno quando impareremo a contarli”, risponde invece laconica all’Adnkronos Salute la microbiologa Maria Rita Gismondo, che più volte ha puntato il dito contro “l’errata codificazione dei decessi Covid, evidenziata peraltro da molti”. Vale a dire il conteggio, nel bilancio delle vittime – rimarcano diversi esperti – non solo dei pazienti che muoiono ‘per Covid’, ma anche di quelli ‘con Covid’ che perdono la vita per patologie diverse dall’infezione da coronavirus. Mentre ci si continua a domandare se i decessi Covid-19 arriveranno mai a zero, e se sì quando, la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano avverte di un possibile ‘effetto paradosso’, se il conteggio non cambierà: “La diffusione endemica attuale” dell’infezione da Sars-CoV-2, il più delle volte “anche asintomatica – ragiona l’esperta – porterà” ancora di più “a ricoverati per altre patologie, e a deceduti, che ed essendo risultati positivi a Sars-CoV-2 verranno conteggiati come morti Covid”.