“Nella speranza di avere dei ristori decenti abbiamo avuto l’ennesima delusione perché il decreto appena varato ci identifica come l’ultima delle categorie; parliamo infatti di cifre che partono dai 1.000 ai 2.000 euro che non bastano neanche a pagare le bollette e ci ritroviamo completamente chiusi per un altro mese”. Lo dice, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Renzo Seren, responsabile nazionale settore Fitness Asi, Associazione sportiva italiana, e portavoce di Fit Italy, organismo di 514 centri fitness. “Dobbiamo tener conto – sottolinea – che anche il centro fitness chiuso ha dei costi considerevoli. Spese degli affitti, dei mutui, canoni pos, utenze Rai sono tuttora in corso. O
rmai siamo di fronte ad una situazione in cui la realtà dei centri fitness è in una condizione assolutamente precaria. Ipotizziamo che già adesso c’è una chiusura del 50% e quelle strutture che riusciranno a salvarsi saranno indebitate per i prossimi dieci anni”.
“Nel momento in cui – sottolinea – si riprenderà l’attività motoria, ci dovrebbe essere una sorta di ‘piano Marshall’ per il recupero del settore. E’ stato fatto il bonus per i monopattini, per le biciclette elettriche, ma perché non viene fatto un bonus sull’attività motoria in cui le persone che vengono in palestra e che quindi seguono la propria salute abbiano uno sgravio, in modo da incentivare anche questo tipo di attività? Noi siamo ormai alla fame”.
“Noi – afferma – ci ritroviamo in zona rossa da marzo dello scorso anno; quando abbiamo riaperto il 18 maggio del 2020 abbiamo sanificato, spendendo molto per adeguare tutte le strutture, noleggiare magazzini per mettere gli attrezzi che non ci stavano più, riadattare gli spogliatoi; dopo abbiamo dovuto ristorare tutti i nostri utenti. Abbiamo, infatti, emesso un voucher che abbiamo dato ai nostri utenti che ci è costato molto: ad esempio, ad una struttura che ha fatturato un milione di euro l’entità è pari a 250mila euro restituibile, che però sono gravati sull’attività. Poi, il 24 ottobre siamo stati chiusi senza un motivo; noi non siamo negazionisti, però erano aperti ipermercati e tatuatori e noi con strutture di 2.000 mq neanche una persona con l’attività di personal trainer”.
“Si tratta – rimarca – di una cosa illogica e incoerente sulla quale il Cts non ha saputo darci nessuna spiegazione. I medici stanno continuando a dire di riprendere l’attività motoria; tenendo conto che noi abbiamo tutti i protocolli che sono seguiti alla lettera, perché non ci fanno riaprire? Una situazione drammatica, anche perché si sa che un euro investito in attività motoria produce 4-5 euro di risparmio sulla spesa sanitaria e in questo momento abbiamo aggravato proprio la spesa sanitaria per i prossimi anni perché abbiamo tolto alle persone la possibilità di fare fitness. Mezzo milione di persone del settore e 100mila strutture, anche se non abbiamo un dato certo per il fitness, sono alla fame. I lavoratori della categoria, i personal trainer, gli istruttori, gli assistenti bagnanti, gli addetti alla segreteria, il personale delle pulizie, gli imprenditori del settore, a causa dei vari dpcm, si sono visti negare il diritto a lavorare e ora migliaia di lavoratori del settore ‘salute-sport’ non sanno come fare”.