“Oggi non c’è un obbligo normativo in base al quale il lavoratore può essere licenziato perché si rifiuta di essere vaccinato. Una cosa è certa: oggi, a normativa vigente, licenziare il lavoratore che si rifiuta di vaccinarsi è rischiosissimo perché, non essendoci un obbligo, il lavoratore viene reintegrato dal giudice”. E’ quanto sostiene, con Adnkronos/Labitalia, Rosario De Luca, presidente di Fondazione studi dei consulenti del lavoro, intervistato da Adnkronos/Labitalia, sulla discussione riguardo l’obbligo del vaccino anti Covid-19 per i lavoratori sanitari.
“Sul tema -ribadisce De Luca- è in corso un ampio dibattito dottrinale. Io non appoggio assolutamente chi sostiene che il lavoratore è licenziabile ma è certo che il lavoratore, una volta che viene adottato, a normativa vigente attuale, un provvedimento di licenziamento, si può opporre”, continua De Luca.
E sulla possibilità dello spostamento di un lavoratore no-vax ad altre mansioni, De Luca sottolinea che “in alcuni casi, per alcune aziende, c’è poco da fare: ad esempio, se uno è infermiere è infermiere, se uno è dottore è dottore. Ma non è l’unico caso di azienda o di professione in cui potrebbero sorgere problemi”.
De Luca commenta anche il recente intervento del premier Mario Draghi. “Il premier lo ha detto chiaramente: serve una norma per potere obbligare i lavoratori al vaccino. Allora lì, sì, ci potrebbero essere dei licenziamenti, ma dipenderà da come sarà fatta la norma”, spiega ancora.
E sulla recente decisione del tribunale di Belluno su alcuni sanitari che si erano rifiutati di vaccinarsi chiarisce. “Nel caso della decisione del giudice di Belluno non c’è stato nessun licenziamento, l’ordinanza è stata ‘volgarizzata’. I lavoratori sono stati posti in ferie, senza nessuna sospensione, e con il loro regolare stipendio. Pertanto, il giudice, più semplicemente, ha ritenuto non sussistere le ragioni d’urgenza per provvedere in via cautelare”, conclude.