(Adnkronos) – Le persone non vaccinate contro Covid-19, rispetto a quelle vaccinate, corrono un rischio fino a 6 volte maggiore di morte e fino a 4 volte più alto di ricovero in terapia intensiva. E’ quanto emerge dal report esteso dell’Istituto superiore di sanità sull’andamento di Covid-19 in Italia. “Il tasso di mortalità standardizzato per età, relativo alla popolazione di età maggiore o uguale a 12 anni, nel periodo 1-31 luglio – si legge – per i non vaccinati (35,1 decessi per 100.000 abitanti) risulta circa due volte e mezzo più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da 120 giorni o meno (14,8 decessi/100.000) e circa 6 più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (5,7 decessi/100.000)”.
Quanto ai ricoveri, “il tasso di ospedalizzazione standardizzato per età, relativo alla popolazione di età maggiore o uguale a 12 anni, nel periodo 8 luglio-7 agosto, per i non vaccinati (137,2 ricoveri per 100.000 abitanti) risulta quasi il doppio rispetto ai vaccinati con ciclo completo da 120 giorni o meno (78,9 ricoveri/100.000) e quasi 4 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (36,6 ricoveri/100.000)”. Nello stesso periodo, “il tasso di ricoveri in terapia intensiva standardizzato per età, relativo alla popolazione di età maggiore o uguale a 12 anni, per i non vaccinati (5,1 ricoveri in terapia intensiva per 100.000 abitanti) risulta il doppio rispetto ai vaccinati con ciclo completo da 120 giorni o meno (2,5 ricoveri/100.000) e quasi 4 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (1,4 ricoveri/100.000)”, si legge nel report esteso.
L’efficacia del vaccino (riduzione percentuale del rischio nei vaccinati rispetto ai non vaccinati) nel periodo di prevalenza Omicron (a partire dal 3 gennaio 2022) per i vaccinati con booster è pari al 45% nel prevenire l’infezione da Sars-CoV-2, e all’84% nel prevenire casi di malattia severa.
REINFEZIONI – Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi Covid segnalati risulta stabile rispetto alla settimana precedente a quota 12,9%. In un anno, dal 24 agosto 2021 al 23 agosto 2022, sono stati segnalati intorno a 1 milione di casi di reinfezione (1.003.331), informa l’Iss, pari al 5,8% del totale dei casi notificati nello stesso periodo.
TASSO LETALITA’ – L’Istituto superiore di sanità spiega che il tasso di letalità è sceso da inizio pandemia a oggi. Nel mese di giugno di quest’anno l’indicatore che permette di misurarlo – cioè il ‘Case fatality rate’ (Cfr), relativo ai decessi sulla popolazione dei casi diagnosticati e notificati – mostra il punto di arrivo di questo trend discendente: il Cfr grezzo è passato “dal 19,6% rilevato all’inizio della pandemia allo 0,1% a giugno 2022”, scrive l’Iss nel Report esteso.
Nell’ultimo aggiornamento di questo rapporto si spiega che a gennaio 2021 il Cfr grezzo “risultava pari a 2,4%, mentre a gennaio 2022 risultava pari a 0,2%. Lo stesso andamento decrescente si è osservato in corrispondenza sia del Cfr standardizzato rispetto alla popolazione europea che rispetto alla popolazione italiana”, spiega l’Iss. “Gli alti valori osservati nella prima fase pandemica sono verosimilmente anche dovuti alla ridotta capacità diagnostica. Come è ormai ben noto, il numero medio giornaliero di tamponi effettuati è passato da 3.110 a febbraio 2020 a 175.970 ad agosto 2022 (con valore massimo pari a 983.681 tamponi medi giornalieri nel mese di gennaio 2022)”.
L’Iss osserva però anche che i valori del Cfr standardizzato usando come riferimento “la popolazione europea, mediamente più giovane della popolazione italiana, risultano sempre più bassi rispetto ai valori del Cfr standardizzato che ha come riferimento la popolazione italiana”. In altre parole, il tasso di letalità calcolato a livello europeo risulta più basso del dato riferito alla popolazione italiana. “Questo – conclude l’Iss – suggerisce che le differenze con gli altri Paesi europei, in termini di letalità, siano in parte dovute alla struttura per età della popolazione italiana, relativamente più anziana”.