Covid e discoteche, l’appello delle discoteche su Change.org: “Non siamo figlie di un Dio Minore”

“È su tutti i giornali di oggi che domani sera il governo si riunirà per parlare delle riaperture delle discoteche. Eppure l’incontro avverrà in solitaria perché ad oggi nessuna delle sigle che rappresentano la categoria delle nostre imprese è stata ufficialmente convocata”. Lo scrive su change.org Giancarlo Bornigia, socio del Piper, storica discoteca della Capitale che afferma: “Oggi vi chiedo un ulteriore sforzo di condividere la richiesta di sottoscrizione della petizione qui social con l’obbiettivo di farla diventare virale. Grazie al vostro sostegno potremo far valere i diritti di centinaia di migliaia di persone che come me non lavorano dal 1 marzo 2020”. “Non siamo figli di un Dio minore e svolgiamo all’interno della società un ruolo economico e sociale degno di rispetto”, si legge nella petizione. 

Nella petizione postata sulla piattaforma nei gironi scorsi si legge: “Siamo rimasti solo noi a non poter riprendere a lavorare. Il lavoro è un diritto inviolabile. Siamo le discoteche, siamo le sale da ballo, siamo i luoghi dello spettacolo e dell’intrattenimento. Siamo come se non esistessimo per loro. Si loro i politici, quelli di qualunque schieramento a prescindere dalla ideologia politica. In questi giorni si è letto sui giornali che le discoteche dovrebbero riaprire senza far ballare, magari servendo un drink o un pasto caldo. Mi domando ma queste persone sono mai venute in un locale? Per esempio il Piper Club, noto locale della capitale, è ben 4 piani sotto terra e i suoi clienti sono usuali ad andarci per ballare oppure ascoltare un buon concerto. Di certo al Piper non si va per bere un drink o per cenare, anche perché dovrebbe richiedere le specifiche autorizzazioni sanitarie”.  

“Noi – prosegue – quello che possiamo fare è riaprire locali in sicurezza, garantendo all’ingresso il tracciamento anche con la vendita di biglietti elettronici. Possiamo garantire l’igienizzazione dei nostri locali prima di ogni evento, e possiamo garantire che all’interno entrino solo persone che hanno il cosiddetto Green Pass. Possiamo create un luogo sicuro, insomma, dove è possibile controllare che tutti rispettino le regole. Quelle regole che altrimenti al di fuori dei locali, negli spazi all’aperto, non sarebbe possibile verificare. Non ci chiedano però di riaprire con le regole astruse dell’anno scorso! Ovvero con il distanziamento in pista e l’uso della mascherina. Quest’ultima sicuramente dovrà essere utilizzata dagli addetti ai lavori per garantire la loro sicurezza e quella dei loro colleghi. Ma non il pubblico, perché le persone in un locale vengono per socializzare, per guardarsi in faccia, ballare e divertirsi”.  

“Non vogliamo riaprire per forza, e non obblighiamo nessuno a venire in uno dei nostri locali. Però chiediamo rispetto e soprattutto giustizia. Non siamo figli di un Dio minore e svolgiamo all’interno della società un ruolo economico e sociale degno di rispetto. In definitiva – conclude – i nostri locali rappresentano luoghi topici per permettere ai giovani e non solo di realizzarsi nelle loro diritti di socializzazione, integrazione e crescita culturale”.