“In questi giorni montano le polemiche sulle cure (terapie) domiciliari per la malattia Covid-19. Il tema del contendere è, soprattutto, legato all’uso del farmaco noto come idrossiclorochina (Hcq) nelle cure domestiche delle prime fasi della malattia. L’uso della idrossiclorochina – farmaco antimalarico che fa parte dei cosiddetti farmaci antireumatici modificanti la malattia che viene utilizzato nella terapia, oltre che della malaria, anche dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso sistemico – fin dalla fase precoce della malattia è molto, molto controverso e, di fatto, avversato dalla gran parte degli scienziati per il trattamento di Covid-19″.
Così stamane sul sito di divulgazione scientifica ‘MedicalFacts‘ (creato fondato dal noto virologo, Roberto Burioni), l’avvocato – e professore associato di diritto penale presso l’Università di Parma – Stefano Putinati, intervenendo sulla questione legata alle cure domiciliari per i pazienti contagiati dal Covid. In particolar modo, il terreno di scontro in questo delicato ‘decisivo’ ambito, sono le terapie a tutt’oggi maggiormente seguite dai medici.
Nello specifico, a dividere le differenti ‘scuole di pensiero’ dei medici di base, è la differenza tra l’uso dell’idrossiclorochina, e quello dei cortisonici. Una ‘diatriba’, sottolinea Putinati, che si consuma “tra interventi a gamba tesa di Tar e Consiglio di Stato. Poi c’è tensione alta tra Aifa, scienziati, Regioni e medici di famiglia“.
La questione, spiega l’avvocato, è nata quando “Un gruppo di medici di base si è rivolto ai Tribunali amministrativi perché venissero modificate alcune schede e linee guida di Aifa, segnatamente per poter utilizzate l’idrossiclorochina nelle fasi iniziali della malattia su pazienti non ospedalizzati. Il Consiglio di Stato (Sezione Terza), in data 11 dicembre 2020, ha accolto l’appello cautelare (siamo, quindi, in attesa che il Tar fissi l’udienza nel merito della vicenda) proposto da una serie di medici di base e ha riformato l’ordinanza numero 7069 del 16 novembre 2020 del Tar per il Lazio, sede di Roma, sospendendo l’efficacia della nota del 22 luglio 2020 di Aifa con riferimento alla scheda dell’idrossiclorochina, consentendo così, in questo momento, la prescrizione, sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico prescrivente, dell’idrossiclorochina ai pazienti affetti da Sars-CoV-2 nella fase iniziale della malattia“.
Poi è accaduto che, lo scorso 4 marzo – sempre in sede cautelare – il Tribunale Regionale del Lazio, “ha accolto il ricorso diretto all’annullamento, previa sospensione della sua efficacia, della nota Aifa del 9 dicembre 2020 recante ‘principi di gestione dei casi Covid19 nel setting domiciliare’ nella parte in cui nei primi giorni di malattia da Sars-covid, prevede unicamente una ‘vigilante attesa’ e somministrazione di Fans e paracetamolo, e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid-19″. Nello specifico, il Tar ha affermato che “i medici di base hanno il diritto-dovere, avente giuridica rilevanza sia in sede civile, sia penale, di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza. Trattasi di provvedimento, si ricorda, cautelare (provvisorio) che sarà discusso nel merito all’udienza pubblica del 20 luglio 2021″.
Di ‘rimbalzo’ – vista la vastità della questione – recentemente il Piemonte ha ‘modificato’ i protocolli per le terapie domestiche, come spiegato a sua volta da Luigi Genesio Icardi , l’assessore regionale alla Sanità, il quale ha “ufficializzato l’utilizzo dell’idrossiclorochina nella fase precoce della malattia, insieme a farmaci antinfiammatori non steroidei e vitamina D“.
Una decisione però a sua volta contestata dal virologo Roberto Burioni il quale, ha invece consigliato tutti “a disfarsi della idrossiclorochina se prescritta, in quanto non solo inutile, ma secondo evidenze scientifiche, pericolosa“. Una tesi, quella del noto virologo, in qualche modo già affrontata dall’Aifa che (come del resto l’aprile del 2020 dalla Fda statunitense), ne aveva già sconsigliato l’uso, a fronte di scarsi o nulli risultati e, oltretutto, all’aumento di eventi avversi.
Ma non è solo questo. Il ‘bello’- si fa per dire – è che altrettante polemiche e diatribe hanno avvolto l’uso dei cortisonici.
Come rivela infatti l’avv. Putinati, “Di recente un’altra decisa presa di posizione in merito alle terapie domestica per Covid-19 è stata assunta dagli infettivologi del Policlinico Sant’Orsola di Bologna che in una lettera inviata all’Ordine dei medici di Bologna hanno sottolineato come stessero arrivando sempre più pazienti, anche giovani, con una severa infezione da Covid perché sarebbe stata loro somministrata precocemente una cura a base di cortisone. In estrema sintesi, hanno scritto, i medici di medicina generale devono essere consapevoli della loro responsabilità nel momento in cui si avventurano in tale e altre prescrizioni fuori dalle linee guida, e ‘deve essere chiaro che un trattamento con cortisone iniziato entro sette giorni dall’esordio dei sintomi favorisce la replicazione virale e quindi l’infezione e le sue conseguenze‘”.
Ma non solo, la lettera precisa anche che “il ministero ha comunque sconsigliato nei pazienti con Covid-19 l’uso di cortisone sul territorio, con la sola eccezione dei soggetti in ossigeno-terapia domiciliare“. Pazienti che, “dovrebbero essere ricoverati in ospedale se, per condizioni di base, elegibili a trattamento intensivistico“.
Dal canto suo, l’associazione dei medici di medicina generale dell’Ospedale bolognese sant’Orsola, ammettendo di aver sbagliato nella forma, si sono comunque dichiarati fermi sui contenuti: “Anche Alberto Zangrillo e Roberto Burioni dell’ospedale San Raffaele – racconta ancora Putinati – hanno individuato, tra l’altro, il ‘cortisone alla prima linea di febbre’ in fase iniziale come causa di aggravamento della malattia. L’Aifa sul punto indica nelle proprie linee guida che l’uso dei corticosteroidi sia raccomandato ‘nei soggetti ospedalizzati con malattia Covid-19 grave, soggetti che necessitano di supplementazione di ossigeno, in presenza o meno di ventilazione meccanica (invasiva o non invasiva)’ richiamando numerose fonti e linee guida internazionali”.
Inoltre, particolare non da poco, rispetto alle cure domiciliari per quanti affetti dal Covid, è bene considerare anche gli aspetti legati alla colpa penale medica: “Il caso di errore diagnostico della malattia, di erronea individuazione delle linee guida per il caso concreto o di imprudenza, il medico rimane sempre punibile anche per un errore colposo anche veniale. Insomma, in caso di evento infausto, solamente nelle ipotesi di imperizia (esecuzione della terapia) per il medico che segua le linee guida o la cosiddetta ‘best practice‘, ci sarà una effettiva limitazione della responsabilità colposa“.
Continuando a seguire il filo logico tracciato dall’avvocato, “Alla luce di quanto riferito sopra, sorgono spontanee una serie di domande: ci potrebbe essere conseguenze penali, in caso di eventi infausti per i malati di Covid-19, per i medici che, in autonomia, decidessero terapie di cura domiciliare allontanandosi dalle linee guida? Quanto incideranno le decisioni dei tribunali amministrativi su eventuali accertamenti di responsabilità in caso di terapie che compromettano prematuramente il quadro clinico? Come individuare la ‘best practice’ in fase iniziale della malattia? Tante domande, forse troppe, cui non pare semplice rispondere”.
D’altro canto, dobbiamo ragionare che ci troviamo di fronte ad un nemico subdolo e mutevole. Insomma, “E’ una fase confusa, nella quale i giudici amministrativi determinano il contenuto di linee guida i cui contenuti, apparentemente, dovrebbero essere demandati ai comitati scientifici delle massime autorità regolatorie (Aifa); nella quale i medici infettivologi di primarie strutture ospedalieri segnalano ricoveri di persone, anche giovani, con quadri clinici gravi dovuti a un uso troppo anticipato di cortisone, in linea con le indicazioni di Aifa e confermano massimi esperti di altre strutture e si sentono tacciare di arroganza e affermazioni diffamatorie e, infine, per alcune Regioni, l’idrossiclorochina ritorna protocollo medico, nonostante i dubbi, le perplessità di organi autorevoli come la Fed americana e del più accreditato infettivologo del mondo Anthony Fauci, come Aifa, di ebbene tutto pare molto complicato e di difficile definizione“.
Quindi, concludendo il suo intervento sul sito, l’avv. Putinati onde evitare futuri coinvolgimenti in eventuali azioni penali, in caso di decessi causati anche da cure che lasciano dubbi alla comunità scientifica, che sono indicate come premature (cortisone) in determinare situazioni, o addirittura potenzialmente nocive, sarebbe consigliabile, pure nel rispetto della autonomia del medico davanti alla malattia e al caso concreto, seguire linee guida accreditate dalla comunità scientifica. Inoltre, va ricordato che quando si somministra un farmaco in modalità ‘off-label’, ovvero fuori dai casi e dalle patologie per le quali il farmaco viene autorizzato, la responsabilità, in caso di evento avverso dovuto al farmaco, è del medico che lo prescrive per l’uso diverso (ad esempio la idrossiclorochina) e non della casa farmaceutica che lo produce“.
Insomma una questione, come abbiamo visto, abbastanza ingarbugliata, che certo non conforta quanti ripongono la loro fiducia nel medico curante il quale, come abbiamo visto, seppure – come suggerito dai tribunali amministrativi – scelga di decidere secondo scienza e coscienza, poi alla fine è lui soltanto a pagare: né le istituzioni, e tantomeno le case farmaceutiche. Ah, dimenticavamo un particolare non da poco: nel bel mezzo c’è un paziente contagiato e terrorizzato…
Max