“La pandemia non è finita”. Il professor Andrea Crisanti tiene alta la guardia dopo una giornata caratterizzata da dati che confermano il rallentamento della curva. “I 2.949 contagi e i 44 morti di ieri, il dato più basso dal 14 ottobre, sono certamente una buona notizia, ma ci sono ancora incognite come la durata dell’immunità e le varianti da non sottovalutare”, dice il virologo dell’università di Padova a La Stampa. Crisanti accende i riflettori sulla variante indiana del coronavirus, “molto più contagiosa di quella inglese e destinata a spostare ancora più in alto l’asticella dell’immunità di gregge. La pandemia non è finita e dobbiamo saperlo tutti. In Inghilterra dove si pensava alle riaperture, con il doppio dei vaccinati rispetto all’Italia, c’è una battuta d’arresto”. Il calo di nuovi casi e decessi è innegabile.
“Sta succedendo in Italia quello che è accaduto in altri Paesi, dall’Inghilterra a Israele. Serve però cautela, perché il dato di ieri riguarda una domenica legata a un ponte. È sempre meglio guardare i numeri su base settimanale”. Il professore è a dir poco scettico sull’effettivo tracciamento dei contagi: “Non abbiamo certezza della situazione dei contagi, così come non monitoriamo a sufficienza le varianti”, dice, spiegando che “mi pare ci sia un’evidente sottostima dei contagi. La settimana scorsa abbiamo avuto una media di 150 morti al giorno per poco meno di 5mila casi. Anche se i decessi si riferissero a contagiati di venti giorni prima i conti non tornerebbero”. L’Italia si avvia verso la zona bianca. Crisanti, alla fine di aprile, ha criticato le prime riaperture: “Penso che abbiamo corso un rischio inutile. Se vado in ospedale per un problema vitale e il medico mi propone due strade, un trattamento sicuro per cui bisogna aspettare qualche settimana e uno mai sperimentato ma vantaggioso per motivi economici, scelgo il primo. Dopo 126mila morti non esiste il rischio calcolato o ragionato, ma solo il rischio inutile”.