Covid Cina, analisi Italia: cosa dicono Pregliasco, Bassetti e Clementi

(Adnkronos) – L’ondata covid in Cina spaventa. I contagi, nel paese da cui è partita la pandemia nel 2020, sono in rapido aumento dopo l’abbandono delle restrizioni. Il tema finisce sotto i riflettori e cattura l’attenzione anche degli esperti in Italia. “E’ necessario non farsi trovare impreparati rispetto a quello che potrebbe succedere”, avverte il virologo Fabrizio Pregliasco, commentando all’Adnkronos Salute il ritorno del tampone molecolare per la ricerca di Sars-CoV-2 all’aeroporto di Milano Malpensa, per tutti i passeggeri/operatori provenienti dal Paese asiatico.  

“E’ giusto il potenziamento dei controlli rispetto ai viaggiatori in arrivo dalle aree interessate”, afferma il docente dell’Università Statale di Milano, che sollecita anche “l’incremento della sorveglianza virologica, con monitoraggio e sequenziamento virale”. Perché la situazione cinese “magari è qualcosa che non avrà conseguenze – ragiona Pregliasco – però una diffusione così ampia e veloce, in un contesto in cui tante nuove varianti possono emergere, va tenuta assolutamente a bada con interventi istituzionali e internazionali”, precisa il medico. Il suo invito è a “mantenere alta l’attenzione, con un ruolo che deve essere anche dell’Europa e dell’Organizzazione mondiale della sanità”, auspica. 

Il tutto “proprio per non farci trovare impreparati – ripete Pregliasco – in un’ottica di ‘pre-occupazione’, senza isterismi o negatività e sempre con un richiamo all’importanza della vaccinazione. Stiamo sereni e tranquilli, riprendiamo la nostra vita perché abbiamo battagliato per anni – conclude – ma restiamo vigili”.  

“La situazione Covid in Cina a me preoccupa moltissimo: sono un miliardo e mezzo di persone e, con un virus che contagerà probabilmente il 50% circa della popolazione, si pensi a quanti giri farà questo patogeno. Il rischio è di avere un ‘fuoco di ritorno’ delle persone che viaggeranno e arriveranno qua e che magari potranno portare delle varianti più contagiose, anche se speriamo non più pericolose. Del resto, però, se una variante è resistente alle vaccinazioni è automaticamente più pericolosa e mi auguro che tutto questo non succeda”, dice Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova. 

“Ci vuole, a mio avviso, un intervento urgente da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e di tutto il mondo per dare una mano alla Cina in questo momento, mandare dei vaccini che funzionano e dei farmaci, degli antivirali. Credo sia arrivato il momento di farlo, perché il mondo è globale e, se le cose vanno male in una parte del globo, rischiano di ritornarci indietro in forma anche peggiore”, conclude. 

“La Cina paga un prezzo per aver fatto una strategia diversa da tutto il resto del mondo, quella dello ‘zero Covid’, in accoppiata con un vaccino inefficace”, è la riflessione del virologo Massimo Clementi. “Zero Covid e un vaccino non efficace come quello che hanno fatto i Paesi occidentali – spiega all’Adnkronos Salute – e adesso la Cina paga un prezzo di infezione, ma non è chiaro ancora quanto alto in termini di malattia grave. E speriamo che questo non determini un cambiamento genetico del virus”, dice l’esperto che ha diretto per anni il Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. 

Il pericolo di una nuova variante, che nasca sull’onda dell’elevata circolazione del virus in una popolazione da 1,5 miliardi di persone, c’è. Ma se dovesse succedere, “finché la variante rientra nell’ambito della famiglia Omicron non credo che ci sia un grosso rischio”, evidenzia Clementi. 

“Il problema della Cina è che è tutto un po’ sfumato dal fatto che non capiamo bene” la situazione, osserva lo specialista. “Perché prima c’è questa volontà draconiana di perseguire Zero Covid e adesso, improvvisamente con uno schiocco di dita, tutti liberi. Questo oggettivamente sembra un po’ singolare. Ci sono delle motivazioni, ovviamente: si sono accorti che l’approccio ha isolato la Cina, anche economicamente. Tutto questo, però, non è avvenuto in un momento soltanto, è avvenuto nel tempo. Ed è un po’ singolare – conclude Clementi – che per un Paese così grande ci sia una decisione così improvvisa” di virare le politiche anti-Covid dalla chiusura totale all’apertura.