(Adnkronos) – ”L’intero pianeta ha dovuto affrontare la più epocale emergenza dell’era moderna con milioni di morti. Abbiamo lavorato con sacrificio e spirito di servizio cercando di accompagnare il Paese verso quel traguardo che finalmente si vede in maniera tangibile e che coincide con il 31 marzo prossimo” ma ”cerchiamo di non avere memoria corta”. A due anni dall’inizio della pandemia il dirigente medico della Polizia, esperto in gestione delle emergenze, Fabio Ciciliano traccia, in un’intervista all’Adnkronos, un bilancio del lavoro svolto come componente del Comitato tecnico scientifico che esaurirà il suo compito e le sue funzioni il 31 marzo prossimo.
Al Cts dal 5 febbraio 2020 sono stati richiesti molti pareri dal governo sulla gestione della pandemia: ”E’ del tutto normale che le decisioni dei due governi che si sono succeduti in questi anni di pandemia siano state prese sulla base delle indicazioni che la componente tecnico-scientifica ha via via maturato con il patrimonio di conoscenza che aveva a disposizione e che con il passare del tempo è aumentato grazie alla comunità scientifica internazionale – sottolinea – Non sempre i pareri del Cts sono stati raccolti ed è stato assolutamente normale che ciò potesse accadere. Le valutazioni della componente politica hanno infatti dovuto considerare tutti gli aspetti del nostro vivere di quei momenti, cosa che alla parte tecnica e scientifica non era richiesto”.
Fabio Ciciliano ha fatto parte del Comitato tecnico scientifico dall’inizio dell’emergenza, nella prima fase come segretario, poi, nel secondo Cts, quello nominato dopo la caduta del governo Conte dal nuovo premier Mario Draghi, come componente. E sulle differenze tra queste due esperienze dice: ”Più che di diverso approccio dei due governi, parlerei delle distinte fasi della pandemia”. ”Il primo Cts è stato un organismo di vera e propria emergenza – sottolinea – Le decisioni dovevano essere prese in maniera immediata, tempestivamente e con informazioni parziali. Condizioni molto complesse che hanno determinato una pressione indescrivibile per diversi mesi su ognuno di noi. Si sentiva il peso di ogni singola decisione, la responsabilità delle risposte che venivano fornite e che il Paese attendeva con dolorosa attesa. Era il tempo del lockdown rigidissimo, delle bare portate via dai camion dell’Esercito, dei numeri dei morti che inesorabilmente salivano, della mancanza delle mascherine, delle bombole di ossigeno, dei raccordi inventati con le stampanti 3d per collegare ventilatori alle maschere subacquee. Questo era il tempo, cerchiamo di non avere memoria corta”.
”Il secondo Cts, dal marzo 2021 – aggiunge – è stato quello del passaggio dalla fase di assoluta emergenza, in cui non si riusciva a vedere la fine, alla fase di una visione resa più ottimistica dalla campagna nazionale di vaccinazione anti Covid-19, la vera chiave di volta dell’intera vicenda pandemica”.
Nonostante non siano mancati gli attacchi a chi era chiamato a scelte difficili in questi due anni di pandemia gli italiani hanno riposto grande fiducia nel Cts. ”Al termine di ogni stato di emergenza c’è il ritorno alla gestione ordinaria attraverso un periodo di progressiva restituzione delle prerogative esercitate dalle strutture nate per la gestione emergenziale in favore delle istituzioni e delle amministrazioni dello Stato che governano ordinariamente gli ambiti di competenza sovvertiti dall’evento – sottolinea Ciciliano – Questo significa che la pandemia, in sé non è finita. Significa, però, che le condizioni generali del Paese possono consentire il ritorno a una gestione normale del fenomeno sui territori”. E tra le decisioni più difficili prese dai componenti del comitato tecnico scientifico Ciciliano non ha dubbi: ”Sicuramente impedire i funerali e le visite nei luoghi di cura – afferma – Dolorosissime scelte ma era necessario spezzare le catene di contagio – sottolinea – Bisognava ridurre infezioni e morti ulteriori e preservare per quanto possibile negli ospedali e nelle rsa”.
Il governo ha tracciato la road map per l’uscita dall’emergenza e un progressivo allentamento delle misure e contemporaneamente si assiste a una graduale risalita dei contagi. ”Come ormai abbiamo imparato da diversi mesi, anche se il numero dei contagi ha una fondamentale importanza dal punto di vista epidemiologico, quello che deve essere valutato è fondamentalmente l’impatto sui sistemi sanitari regionali dei nuovi ricoveri nei reparti ordinari di degenza covid e nelle terapie intensive – sottolinea Ciciliano – I numeri sono in riduzione dal raggiungimento del picco della seconda settimana di gennaio scorso e questo è il più importante indicatore che ci può guidare verso gli ultimi step degli allentamenti delle misure di contenimento e delle progressive aperture decise dal governo, anche se non bisogna abbassare la guardia”.
E sulla graduale abolizione del green pass aggiunge: ”Il meccanismo del green pass nelle sue diverse forme che nel tempo si sono aggiunte a quello inizialmente concepito per lo spostamento tra i diversi Stati e tra le regioni italiane, è stato ed è uno strumento tecnico di emergenza che ci ha consentito di tornare precocemente a una vita quasi normale, anche rispetto ad altri paesi europei. E come tutti gli strumenti di emergenza sarà destinato a concludere la propria funzione all’esito del ritorno alla normalità”.
”È verosimile che i numeri dei contagi nel prossimo periodo autunno-invernale aumentino – prosegue – Non c’è da scandalizzarsi per questo. I coronavirus, anche quello che causa il Covid-19, si trasmette per via respiratoria e aumenta la sua circolazione e, quindi, la capacità di trasmissione, nei mesi freddi. Ma ormai il Paese è pronto a una eventuale nuova fase di contrasto al virus anche grazie all’altissima percentuale di soggetti immunizzati. In Italia oltre il 91% dei cittadini over 12 ha ricevuto almeno una dose di vaccino”.
Ciciliano, da esperto di gestione delle emergenze, è sceso in campo per la risoluzione di numerose situazioni critiche sia all’estero, dal disastro nucleare di Fukushima all’epidemia di colera di Haiti fino ai terremoti di India e Pakistan, sia nel nostro Paese, dal sisma dell’Aquila e quello che colpì il centro Italia nel 2016. Rispondendo sulla nuova fase di emergenza che si è aperta con la guerra in Ucraina, conclude: ”Come esperto nella gestione di situazioni di crisi in giro per il mondo rabbrividisco al pensiero che questa guerra sia così tanto vicina a noi. Però questa vicinanza geografica ci deve spingere verso una politica dell’accoglienza strutturata e metodologicamente corretta. Non è possibile lasciare la Polonia da sola nella clamorosa e pesantissima azione di supporto di milioni di profughi. Alle fasi iniziali di una ovvia ed emozionata accoglienza improvvisata, deve fare seguito una lucida e strutturata azione di ospitalità, che potrebbe durare mesi, forse anni. Con un’auspicabile opera di concertazione e coordinamento a livello europeo”.
(di Giorgia Sodaro)