“L’import indiscriminato dei Dpi, oltre a rappresentare un rischio per la salute e la sicurezza di tutti gli utilizzatori, comporta inevitabilmente un peggioramento della situazione di mercato delle aziende italiane ed europee in quanto produce anche una drastica riduzione dei prezzi dei Dpi, impensabili da sostenere per un’azienda italiana o europea”. La denuncia arriva da Assosistema che ha analizzato oggi l’impatto del Covid sull’import/export dei dispositivo di protezione individuale.
Il paese infatti, come spiega Claudio Galbiati, Presidente della sezione Safety di Assosistema Confindustria, esporta in Europa il prodotto italiano sicuro marcato CE ma importa prodotti realizzati in deroga alle normative e privi della marcatura. E questo per effetto due provvedimenti distinti: il Dl Cura Italia che nel marzo 2020 autorizzò l’immissione sul mercato di prodotti in deroga alle normative comunitarie spianando la strada ad una massiccia importazione di manufatti dai paesi extraeuropei, in particolare dalla Cina; e l’agevolazione finanziaria di Invitalia di 47 milioni di euro che ha stimolato gli investimenti delle aziende italiane ad ampliare e riconvertire i propri impianti e stabilimenti per aumentare la produzione di Dpi.
Quanto ai prezzi “fuori mercato” con i quali vengono commercializzati tali Dpi , prosegue Assosistema, sono dovuti, per lo più al risparmio derivante dalle diverse procedure di verifica della conformità che devono seguire i dispositivi certificati e rispondenti alla normativa di prodotto comunitaria, oltre al risparmio sul reperimento delle materie prime e al costo del lavoro. Una questione sollevata anche a livello politico, questa, ”numerose le interrogazioni parlamentari anche da parte di esponenti della maggioranza”, ma che non ha ottenuto risposta “né da parte del Governo né del Ministero della Salute”. Al momento, infatti, mancano, continua Assosistema “provvedimenti per la tutela del mercato e dei produttori italiani. Anzi, il recente DL del 22 aprile 2021 n. 52 proroga, addirittura, l’immissione in deroga di Dpi nel nostro Paese al 31 luglio 2021. Ancor più grave se pensiamo che Germania, Spagna, Regno Unito e Belgio non si avvalgono più dell’immissione in deroga, mentre Francia e Paesi Bassi lo stanno per fare”.
L’import di guanti protettivi nel 2020 è aumentato del +62% sul 2019, per un valore complessivo pari a più di 500 milioni di euro, mentre l’export ha registrato un -6% sul fatturato 2019, pari a 106 milioni di euro. Fortemente sbilanciato anche l’import export degli indumenti di protezione (tute, camici impermeabili, camici chirurgici monouso e riutilizzabili): gli acquisti dall’estero sono aumentati del +127% sul 2019, per un valore totale di circa 595 milioni di euro, mentre l’export è di poco inferiore ai 420 milioni di euro, segnando una contrazione del – 36% rispetto al 2019. Ma sono le mascherine (FFP2, FFP3 e chirurgiche) ad aver maggiormente risentito dell’impatto derivante dall’emergenza sanitaria: nel 2020 l’import di Dpi per la protezione delle vie respiratorie ha registrato un +1424% rispetto al 2019 per un valore di 3 miliardi e 178 milioni di euro (con la Cina come Paese dal quale abbiamo importato più prodotti con una percentuale di quasi il 90%), mentre l’export ha registrato un +111% rispetto al 2019, per un valore di oltre 201 milioni di euro. Dal sito dell’Agenzia delle dogane, si legge ancora nella nota, si apprende che, da inizio dell’emergenza sanitaria ad oggi risultano essere stati sdoganati DPI (FFP2 e FFP3) per un numero complessivo pari a 769.410.000. E se si considera che a chiusura 2020, lo stesso dato era pari a 344.579.045, si rileva che, in soli 4 mesi, il dato 2021 di import di DPI, risulta già aver superato del +120.50% i valori del 2020.