Peccato quell’orribile ‘scivolone’ del premier Conte il quale, piuttosto che continuare a lodare l’immensa opera di contenimento attuata dal nostro eccellente sistema sanitario (eseguiti oltre 25mila tamponi contro i 2mila fancesi), è invece riuscito in ‘mondovisione’ ad affermare che il focolaio del Nord è il frutto di una ‘disattenzione’ dei medici! Ma forse è giusto così: una cosa questa terribile classe politica, altri livelli di preparazione invece a livello medico.
E a dimostrazione di quanto affermiamo, l’ennesimo ‘miracolo’ ottenuto stamane dai nostri ricercatori.
Come ha infatti annunciato il professor Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Istituto del Gruppo San Donato, è stato isolato ‘anche’ il ceppo milanese del coronavirus. In particolare, l’equipe in forza all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, è riuscito ad isolare l’agente patogeno da due persone ricoverate lo scorso sabato per infezione respiratoria acuta.
“Lo Spallanzan ha isolato quello cinese, noi il nostro”
“L’Istituto Spallanzani di Roma ha isolato il virus ‘cinese’, l’ospedale Sacco di Milano ha isolato proprio quello di pazienti dell’area di Codogno, il nostro è dell’area milanese, sempre quindi del focolaio lombardo. Per la ricerca è molto importante averne sempre di più – ha spiegato anche Clementi – Il nostro obiettivo deve essere disporre di un numero sufficiente di coronavirus diversi per poter testare farmaci o sviluppare nuove terapie. Abbiamo visto che il virus Sars-CoV-2 cresce in maniera molto veloce ed efficiente in coltura“.
Una peculiarità che i ricercatori hanno avuto modo di constatare personalmente. Dunque, “si tratta dell’ulteriore evidenza che si trasmette molto efficientemente anche in vitro, oltre che in vivo”
“Abbiamo visto – riferisce Clementi – che il virus Sars-CoV-2 cresce in maniera molto veloce ed efficiente in coltura“. Gli scienziati milanesi hanno potuto toccarlo con mano: “Si è sviluppato rapidamente in pochissimi giorni, da venerdì pomeriggio a ieri. Diversamente dal virus della Sars, che è più lento e richiede un maggior adattamento. Ora noi possiamo fare questi confronti con virus conosciuti”. Per il nuovo coronavirus, conclude il docente, “si tratta dell’ulteriore evidenza che si trasmette molto efficientemente anche in vitro, oltre che in vivo”
Nel frattempo sono in corso altre colture (5), appartenenti ad altri pazienti che, in caso di esito positivo, diverranno a lor volta altri campioni del virus isolato.
“Un’iniziativa istituzionale: creare una biobanca italiana”
Onde evitare altri problemi in futuro, preparandoci per tempo, il professor Clementi lancia una proposta davvero interessante: “Penso che in Italia ci siano ottimi laboratori di virologia e mi aspetto che per questo nuovo coronavirus ci saranno anche altri isolamenti in futuro. Il mio auspicio è che possa nascere una biobanca italiana del Sars-CoV-2. Penso a un’iniziativa istituzionale, per fare una raccolta dei campioni biologici provenienti da tutte queste entità di ricerca. A farsi motore dovrebbe essere un’istituzione, magari l’Istituto superiore di sanità (Iss). La speranza è che ci possa essere una sorta di biobanca di materiale biologico per chi fa ricerca, per l’industria e per gli scienziati che hanno bisogno di questo materiale”. Davvero una pensata lodevole, che Clementi crede possibile, perché “è auspicabile che questi nostri virus isolati, come quelli che sono stati ottenuti all’ospedale Spallanzani e all’ospedale Sacco, siano gestiti in biobanche che possano fornire materiale per la ricerca, sia farmacologica sia immunologica, contribuendo cioè allo sviluppo di nuovi farmaci antivirali e nuovi vaccini“.
“Urge finanziare la ricerca, perché le epidemie tornano”
Infine, un monito preciso, che deve far capire ai nostri istitutori l’importanza della ricerca nel nostro Paese: “La ricerca sul coronavirus va supportata. Spero che non si faccia come negli anni scorsi: passata la paura dell’epidemia, tutti tranquilli. Non possiamo stare tranquilli con questi virus che continuamente provano il salto di specie. Servono fondi per studiarli. Ora sappiamo che queste epidemie si susseguono e ne abbiamo avuto la prova – riassume l’esperto – Prima la Sars, poi la Mers e ora la Covid-19. E’ importante avere nel cassetto un farmaco che magari, come speriamo, non si debba usare, ma che sia efficace contro queste malattie. Se adesso questa epidemia dovesse mollare la presa, come tutti ci auguriamo dal profondo del cuore – mette in guardia Clementi – non dobbiamo commettere l’errore delle altre volte. Cioè dirci che il pericolo è scampato e disinteressarci. Servono finanziamenti che permettano di continuare a studiare. Ora ci siamo spaventati e abbiamo capito che le epidemie hanno anche un impatto economico. Quindi è importante non lasciare la ricerca abbandonata a se stessa“.
Max