(Adnkronos) – “Convivono il dolore per aver perso una figlia di 14 anni”, che voleva solo passare una serata divertente insieme alle amiche, “e la rabbia per quello che non avrebbe mai dovuto succedere e per ciò che sta succedendo sul fronte giudiziario”. Fazio Fabini vivrà così un altro 8 dicembre, un altro anniversario dalla strage di Corinaldo (Ancona) nella quale, la notte di 5 anni fa, la sua Emma è morta nella calca che si scatenò alla ‘Lanterna Azzurra’, stracolma di giovani in attesa del rapper Sfera Ebbasta. Con lei hanno perso la vita anche Asia Nasoni, 14enne promessa della ginnastica, Benedetta Vitali, 15 anni di Fano, Mattia Orlandi, 15 anni, Daniele Pongetti, 16enne di Senigallia, ed Eleonora Girolimini, la mamma 39enne di quattro figli che quella notte accompagnava una delle figlie al concerto insieme al marito. Sono passati cinque anni da quella notte, ma Corinaldo, secondo Fabini, vuole solo dimenticare: “Con una serie di eventi si fa festa per il ponte lungo dell’Immacolata – accusa in un’intervista all’Adnkronos – Si cerca di nascondere sotto il tappeto, come si fa con la polvere, la tragedia dell’8 dicembre”.
Emma frequentava il liceo classico, studiava il greco e il latino, amava lo studio, la musica e la danza. E proprio per ballare e divertirsi quella sera era andata per la prima volta alla discoteca di Corinaldo insieme alle sue amiche. Lei è la più giovane delle sei vittime che da quella notte, diventata un incubo, non hanno fatto ritorno a casa. Due i processi aperti nella aule giudiziarie. Il primo ha visto sul banco degli imputati la banda dello spray, accusata di aver scatenato il panico e la fuga di massa dal locale: a dicembre dello scorso anno è arrivata in Cassazione la conferma delle condanne, tra i 12 anni e mezzo e i 10 anni e 9 mesi, per sei giovani della Bassa Modenese con le accuse di omicidio preterintenzionale, associazione per delinquere finalizzata a furti e rapine, lesioni personali anche gravi. Il secondo processo, invece, è ancora in corso in primo grado e riguarda l’inchiesta sulla sicurezza della discoteca.
“I componenti della banda del peperoncino hanno sostenuto tre gradi di giudizio, sono stati condannati in modo definitivo e con una pena che può anche essere valutata in modo giusto, considerato il rito abbreviato. Quel filone si può considerare chiuso in modo corretto”, sottolinea Fabini che a stento invece trattiene la “rabbia” per l’altro procedimento: “Nel filone cosiddetto dei ‘colletti bianchi’, a 5 anni dalla strage, mancano ancora almeno due-tre mesi dalla sentenza di primo grado. E siamo a due anni e mezzo dalla prescrizione in cui tutto si chiuderà”.
Fabini vorrebbe una giustizia più veloce: “Per me 5 anni per il processo di primo grado sono al di fuori di ogni ragionevolezza”. “Io non ho sentimenti di vendetta però mi piacerebbe che gli imputati avessero qualche forma pentimento e presa coscienza delle responsabilità – continua – E vorrei che venissero condannati da un tribunale che rappresenta lo Stato per fargli capire che il comportamento è stato scorretto”.
Perché se è vero che la verità giudiziaria la scriveranno i giudici, “l’unica verità che conosco io è che ho accompagnato mia figlia in una discoteca e non è più tornata – osserva Fabini – Ed era una discoteca aperta al pubblico, per la quale erano state rilasciate autorizzazioni, non mi aveva chiesto di andare a fare parapendio ma di andare a una serata per divertirsi con le sue amiche”. E poi il papà di Emma si toglie un sassolino dalla scarpa: “Sulla sbarra degli imputati manca un componente importante che è lo Stato. Tutte le persone che hanno certificato la sicurezza di quel posto sono, in qualche modo, dipendenti dello Stato e io vorrei che uno Stato serio si accertasse di come lavorano i propri dipendenti. Sarà il giudice a decidere, ma quel locale aveva criticità enormi dal punto di vista della sicurezza”.
Fabini è un fiume in piena, gli servirebbero ore per raccontare questi cinque anni, quello che ha visto e provato nelle aule dei tribunali. Vuole tenere viva la memoria di Emma, una 14enne “che si stava affacciando alla vita e che si definiva nei suoi testi, ‘timida, euforica e colorata’”. Aveva tante passioni Emma, una fantasia e una capacità di scrittura fuori dal comune: per questo la sua famiglia ha ricavato dai suoi scritti il libro ‘I ricordi non salvano le lacrime’.
“Da quell’8 dicembre l’unica cosa che possiamo fare è ricordarla. Abbiamo provato a immaginarla come scrittrice perché probabilmente quella dote l’avrebbe sviluppata. Vivremo questo 8 dicembre con il pensiero, come sempre e in questa giornata ancora di più, rivolto a lei, al ricordo suo e delle altre vittime”, sottolinea il papà della 14enne.
Proprio per questo Fazio Fabini incontra i giovani, anche nelle scuole: “Emma potrebbe diventare un esempio positivo: una ragazza che amava lo studio e amava avere amici che la circondavano di affetto. Vorrei far crescere nei ragazzi una maggiore consapevolezza” farli riflettere su “cosa significa divertirsi facendosi rispettare e senza farsi trattare da bancomat”.
Mentre gli anni passano e il clamore di quella notte si è spento, non è facile tenere accesi i riflettori: “Leggevo che, per questo ponte lungo dell’Immacolata, a Corinaldo si organizzano una serie di eventi”. Invece “si cerca di nascondere sotto il tappeto, come si fa con la polvere, la tragedia dell’8 dicembre – osserva Fazio Fabini – Cerco disperatamente di mantenere in vita l’unica cosa che resta di Emma, il suo ricordo, ma bisogna lottare contro l’altra parte, uno Stato ed enti pubblici che cercano di far dimenticare il più velocemente possibile questa tragedia”. “L’importante – conclude – è fare impresa e guadagnare perché quella discoteca, accatastata ancora come magazzino agricolo, era per Corinaldo un’operazione di prestigio”.