Contributi alle Tv locali, la pluralità dell’informazione sotto attacco

Il prossimo 25 febbraio 2025 si terrà l’udienza davanti alla Corte Costituzionale in merito alle questioni di costituzionalità del “sistema” DPR 146/17 sollevate dal Consiglio di Stato nell’udienza del 18 gennaio 2024.

Contributi alla pluralità dell’informazione sotto attacco. Le grandi organizzazioni editoriali non vogliono una distribuzione equa delle risorse per il comparto editoriale locale.

Nel 2017, con un colpo di mano in Commissione, il regolamento su come distribuire le risorse per avere la pluralità dell’informazione nel comparto emittenza locale fu stravolto. A partire da quel regolamento vengono distribuite risorse pubbliche in modo totalmente arbitrario, attraverso parametri molto discutibili.

Svariate emittenti ricevono risorse pubbliche talmente elevate che hanno utili che superano i 4 milioni di euro l’anno, mentre altre emittenti, escluse da questo meccanismo, non riescono ad arrivare a pagare le bollette della corrente con i contributi ricevuti.

Chi ha di più riceve sempre di più, consolidando, di conseguenza, la propria posizione, a discapito di tutto il comparto.
Ora la vicenda incresciosa che ha visto anche un conflitto tra poteri, quello tra il Parlamento e la magistratura, arriva finalmente alla Corte Costituzionale.

La vicenda si discuterà il 25 febbraio 2025. Le emittenti, che hanno avuto e che hanno ricevuto, con un regolamento già dichiarato errato dal Consiglio di Stato, contributi in maggior quantità, se la Corte Costituzionale confermerà il Consiglio di Stato, dovranno allora restituire parte delle risorse.
E qui gli attacchi alla magistratura che invece deve fare il suo corso serenamente per una corretta applicazione della Costituzione che obbliga ad una equa concorrenza anche di mercato.

A cosa fa riferimento il Regolamento DPR 146/17

Il Regolamento – DPR 146/17, specificamente il suo articolo 6, comma 2, era già stato dichiarato illegittimo con le sentenze n.7878/2022 e n.7880/2022 dal Consiglio di Stato. Questo articolo prevede che il 95% delle risorse pubbliche sia destinato alle prime 100 emittenti in graduatoria, lasciando solo il 5% alle altre, una condizione che limita il pluralismo informativo.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva segnalato l’irregolarità di tale riparto già nel 2020 e 2021, indicando al Governo soluzioni alternative per una distribuzione più equa.

L’attuale regolamento provoca una perdita del 320% dei contributi pubblici alle emittenti escluse dalla fascia delle prime 100 posizioni, generando una competizione distorta.

“Riteniamo fuorviante l’intervista rilasciata da Giunco, presidente delle TV locali aderenti alla Confindustria, che definisce ‘inquietante’ un eventuale riconoscimento dell’incostituzionalità del DPR 146/17.dichiara attraverso la diffusione di un comunicato stampa Gianni Tanzariello – Presidente Associazione Nazionale TV INSIEMETroviamo inaccettabile la sua affermazione secondo cui ‘le ricadute sul comparto colpirebbero soprattutto le emittenti più strutturate’. La realtà è che una riduzione dell’8% dei contributi per le emittenti maggiori non può giustificare una perdita del 320% annuo per tutte le altre. Piuttosto, riteniamo ‘inquietante’ l’entrata a gamba tesa di Giunco a pochi mesi dall’udienza del 25 febbraio 2025 irrispettosa delle prerogative della Corte Costituzionale che non ha certo bisogno di farsi tirare per la giacchetta da una delle parti in causa del giudizio“.

Sempre l’Associazione Nazionale Tv Insieme afferma che:
I contributi pubblici devono promuovere:
• Pluralismo informativo, garantendo pari opportunità a tutte le emittenti che rientrano nei
parametri già stringenti previsti dal regolamento.
• Concorrenza corretta, evitando che i fondi pubblici rafforzino solo le emittenti già consolidate.
In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale CHIEDIAMO una revisione immediata del sistema di riparto dei contributi per tutelare il diritto all’informazione di qualità e la sopravvivenza di tutte le realtà locali. L’equità deve prevalere sugli interessi di pochi”.

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