Alla luce dell’ennesima crisi economica che sta investendo milioni di famiglie italiane – sei delle quali costrette a vivere nella povertà più assoluta – si tratta sicuramente di una buona notizia, visto che la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni le paghiamo duramente anche noi.
Un fatto che riporta però indietro il Paese, proprio quando ci si apprestava (attraverso il Pnrr), a veder ‘applicabile’ la tanto agognata – dai politici – riconversione ecologica.
Ma pensare che oggi rischia di diventare un lusso accendere il gas per una frittata, e che muovere un’auto a metano prelude l’aver commesso prima una rapina per poter pagare il benzinaio, obbliga il governo a correre ai ripari in tempi rapidissimi, visto che il clima ci aiuta, regalandoci intanto il risparmio per l’accensione dei riscaldamenti.
Così è stato confermato che, per tamponare l’emergenza energetica prodotta dal confitto dell’Est, il nostro Paese aumenterà la produzione a carbone, riportando quanto prima a regime le centrali a carbone, attingendo elettricità da Civitavecchia, Brindisi, Monfalcone e Fusina.
L’intenzione è quella di sfruttare questa alternativa per almeno due anni nel corso dei quali, grazie appunto all’energia generata dal carbone, riusciremo a risparmiare 3 miliardi di metri cubi di gas.
Dunque proprio in queste ore si sta lavorando ad un apposito decreto, che quanto prima sarà portato all’esame del Cdm, forse già entro venerdì prossimo. Era stato lo stesso premier Draghi, lo scorso 25 febbraio (nell’ambito di un’informativa), ad aver suggerito l’opportunità di tornare alla produzione a carbone per spezzare la dipendenza dal gas russo. Quindi eccoci all’attuale decreto all’interno del quale, anticipano voci interne a Palazzo Chigi, sarebbero inserite nuove norme “per una forte sburocratizzazione delle rinnovabili”. In questo modo sarebbe così scongiurato il tanto temuto ‘razionamento’ che di qui a poco avrebbe inesorabilmente coinvolta l’Italia.
Max