(Adnkronos) – “Vorrei concludere prendendo spunto da quello che scrive il mio amico Imre Kondor, asserendo che ‘la perdita della complessità è pericolosa’” e “ricordare il monito attribuito al grande storico ottocentesco, Jacob Burckhardt, che ha studiato a fondo i processi politici e sociali: ‘La negazione della complessità è l’essenza della tirannia’”. E’ uno dei passaggi chiave della lezione tenuta oggi all’Accademia dei Lincei dal fisico Giorgio Parisi, insignito del Nobel per i suoi studi sui sistemi complessi e, in particolare, per la “scoperta dell’interazione tra il disordine e le fluttuazioni nei sistemi fisici dal livello atomico alla scala planetaria”. Parisi ha condiviso il Nobel con gli scienziati Sykuro Manabe e Klaus Hasselmann a cui è stato attribuito – sempre per studi sui sistemi complessi – il 50% del Premio Nobel per la “modellazione fisica del clima della Terra, che ne quantifica la variabilità e prevede in modo affidabile il riscaldamento globale”. Nella sua lezione all’Accademia dei Lincei, Parisi ha rilevato che “quello che succede quando guardiamo i sistemi complessi reali, come una cellula vivente, un cervello, una società o un essere vivente completo come un animale, vediamo sempre che in questi sistemi c’è una costante competizi
one, ma anche una cooperazione fra un grandissimo numero di elementi che a seconda dei casi possono essere proteine, neuroni, o gli attori, le persone che compongono questa società”.
Parisi – nella sua lunga relazione in cui ha reso particolarmente accessibile il campo scientifico di suoi studi – ha aperto la conferenza sottolineando che “la parola ‘complesso’ scivola tra le mani di chi cerca di darne una definizione precisa”. Il fisico italiano ha inoltre ricordato che “dal momento in cui la mia teoria è stata formulata, fino a quando ne è stata dimostrata la correttezza in tutti i dettagli sono passati trent’anni. E ne sarebbero passati molti di più se il fisico matematico Francesco Guerra non avesse avuto delle idee brillantissime che hanno dimostrato la correttezza di quello che avevo fatto”. “Se ci guardiamo intorno, guardiamo noi stessi, gli animali, gli ecosistemi, la terra, il clima, abbiamo complessità intorno a noi” ha, tra l’altro, rilevato lo scienziato linceo. Parisi ha anche argomentato che “questi sistemi non sono mai in equilibrio, ma tuttavia oscillano e fluttuano attorno a un qualche stato definito di equilibrio. Per esempio, un cane che dorme, si sveglia, corre: fa azioni completamente diverse ma rimane in qualche modo un essere vivente. In questa situazione lo stato è flessibile, malleabile, è capace di adattarsi ai cambiamenti nell’ambiente attraverso la transizione tra vari stati possibili senza in questo modo perdere l’identità: in altre parole noi dormiamo, ci svegliamo e non cambiamo identità”.
“Tuttavia, -ha proseguito – è possibile che questo sistema delicato di cooperazione, di competizione, di stimolazione e in qualche modo di inibizione (per esempio nel cervello ci sono neuroni che stimolano e neuroni che inibiscono), di controlli e di sistemi di bilanciamento sia violato: in tal caso quello che succede è che il sistema cambia, le interazioni tra i sottosistemi si modificano, il sistema globale incomincia a non essere più complesso e avviene qualcosa di anomalo”. Esempi, ha indicato Parisi, “sono un tumore nella cellula, una malattia nei sistemi nervosi e una dittatura nella società. A questo punto, la complessità del sistema degrada e il funzionamento del sistema, nella sua interezza, è severamente danneggiato o addirittura eliminato”. “Quindi vorrei concludere, prendendo spunto da quello che scrive il mio amico Imre Kondor, asserendo che la perdita della complessità è pericolosa, e ricordare un monito attribuito ad un grande storico ottocentesco, Jacob Burckhardt, che ha studiato a fondo i processi politici e sociali: ‘La negazione della complessità è l’essenza della tirannia’”. ( di Andreana d’Aquino)