Qual è la posizione della Commissione europea sulla PAC e, più in generale, sul ruolo e sulle prospettive del settore agricolo? La domanda viene spontanea dalla lettura dei discorsi pronunciati di recente, nello stesso giorno, da due componenti dell’Esecutivo di Bruxelles che hanno espresso posizioni contrastanti tra loro.
Cominciamo con il vicepresidente, Frans Timmermans, che ha partecipato il 4 maggio alla conferenza sulla sostenibilità organizzata dal ministero tedesco dell’Agricoltura. Nel suo intervento, Timmermans ha sottolineato che “l’attuale sistema ha portato a un eccessivo affidamento sui fertilizzanti sintetici e sui mangimi importati”. Gli agricoltori – ha aggiunto – sono intrappolati in un sistema che avvantaggia pochi eletti. Per favore, lasciate che la scienza ci guidi”. Da notare però che, passando in rassegna le prossime proposte legislative della Commissione, non ha fatto riferimento al progetto di regolamento sulle TEA (tecniche di evoluzione assistita) che, stando al calendario ufficiale dei lavori, dovrebbe essere presentata a fine giugno.
Il commissario Ue all’Agricoltura, Janusz Wojeciechowski, ha invece fornito una visione completamente diversa, in occasione della conferenza sullo stato dell’Unione che s’è tenuta a Firenze: “Grazie al lavoro dei nostri agricoltori, nell’Unione europea godiamo di un approvvigionamento sicuro di alimenti nutrienti e di alta qualità”, ha esordito così il commissario, “La resilienza della filiera è stata messa a dura prova dalle conseguenze della pandemia e dall’invasione russa dell’Ucraina, ma i rifornimenti sono stati comunque garantiti. E non solo. Ai fini della sicurezza alimentare globale, “è fondamentale anche il nostro ruolo di esportatori di prodotti agroalimentari. Il 26 % del grano esportato lo scorso anno dall’Ue è stato destinato all’Africa Subsahariana. La produzione di cibo dipende dagli agricoltori”, ha sottolineato il commissario.
La diversità delle posizioni e della visione dei due esponenti della Commissione è pienamente manifesta. Da tempo Confagricoltura sostiene che in seno all’Esecutivo UE è prevalsa una deriva ideologica disancorata dalle questioni legate alla tutela del potenziale produttivo dell’agricoltura europea. Basti pensare alle proposte di regolamento sulla riduzione dell’uso di fertilizzanti, all’equiparazione di gran parte degli allevamenti alle industrie inquinanti, alla revisione delle regole sugli imballaggi che penalizzano il riutilizzo, a vantaggio del riciclo che vede l’Italia ai primi posti in ambito mondiale.
Nei contatti con il governo e con il mondo politico, in Italia e a Bruxelles, Confagricoltura sta premendo per bloccare il processo decisionale sulle proposte appena ricordate. A partire dai primi mesi dell’anno venturo, l’attività istituzionale sarà rallentata in vista delle elezioni, a maggio, per il rinnovo del Parlamento europeo e per l’insediamento, ad ottobre, della nuova Commissione.
Potrebbero crearsi così le condizioni politiche per aprire un capitolo nuovo. Non vanno rimessi in discussione gli obiettivi della sostenibilità e della transizione ecologica, ma ridato il giusto spazio ai pareri scientifici, alle valutazioni d’impatto, alla neutralità tecnologica, alla corretta e trasparente informazione dei consumatori. Con una scelta di fondo che Confagricoltura propone fin d’ora: riconoscere la produzione agricola come bene pubblico, da cui dipende in larga parte la coesione sociale e la stabilità politica.
Max