Tra i pregi che la tanto agognata – ma ‘doverosa – digitalizzazione comporta, si distingue senz’altro l’aspetto legato alla ‘semplificazione’ della pubblica amministrazione. Dunque, via via che si va ‘rileggere’ l’oceano di carte e documenti che inondano archivi polverosi e lunghe file metalliche di stand allineati persino nei corridoi, ecco che ne escono delle belle.
Ad esempio, raccogliendo il materiale relativo ai condoni edilizi nel Paese, sommando le pratiche ad oggi inevase sono uscite cifre ‘astronomiche’: dal 1985, quando venne varata la prima legge in merito, 35 anni dopo si parla di più di quattro milioni (4.000.000) di domande ferme. Nel dettaglio ci sono da esplicare 4.263.897 richieste di sanatoria, oltre il 25% rispetto a quelle presentate, che sono state complessivamente 15.007.199. Per precisione, c’è da spiegare che la legge 47/85 venne varata dall’allora governo Craxi mentre, quelle successive, si rifanno ai governi berlusconi (1994 e 2003).
I dati, raccolti dal centro Studi Sogeea e finiti nel Secondo rapporto sul Condono edilizio in Italia, sono stati presentati stamane a Palazzo Madama dall’urbanista Sandro Simoncini (direttore scientifico del Centro Studi Sogeea), da Domenico Perdono, vice presidente con delega all’Edilizia dell’Ance (Associazione nazionale giovani costruttori edili), Domenico Perdono, e da Livio De Santoli (prorettore della Sapienza per le politiche energetiche).
Per Enti locali e Pa 19 mld di euro ‘mancati’
Si tratta di cifre impressionanti, anche per il fatto che, paradossalmente, corrispondono a miliardi di incassi mancati per gli Enti locali italiani, e per la stessa Pa. Come ha infatti spiegato Simoncini, “si può stimare che i mancati introiti per le casse del nostro Paese sono pari a poco più di 19 miliardi di euro”. Una cifra, come ha spiegato il direttore scientifico del Centro Studi Sogeea, che “si ottiene sommando il denaro non incassato per oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria, segreteria e paesaggistica, sanzioni da danno ambientale. In questa manovra di bilancio cerchiamo disperatamente delle risorse finanziarie. Ecco vorrei indicare al premier Conte che ci sono 19 miliardi di euro ‘congelati’ e da recuperare dalle vecchie pratiche di condono inevase ma legittimate da norme di 35 anni fa. E’ un paradosso con i nostri conti pubblici. Va compreso bene che, con la sola domanda di condono prevista da norme di 35 anni fa, il cittadino che aveva commesso un abuso edilizio ha depenalizzato il reato, può vendere la casa, la può affittare e la può mettere a reddito ma, dopo 35 anni, se la pratica è rimasta inevasa, il cittadino non ha ancora pagato il dovuto allo Stato – osserva l’urbanista – E’ un paradosso, sopratutto queste somme non sono messe a bilancio, nessuno ne conosce l’esistenza e invece sono 19 miliardi che potrebbero essere inseriti in questa nuova legge di Bilancio”, di questi “9,8 miliardi persi solo per le oblazioni, somme che si suddividono, a grandi linee, in parti uguali tra Stato e Comuni, più una piccola quota destinata anche alle Regioni. Nei mancati introiti rientrano anche 7 miliardi di oneri concessori; 760 milioni di diritti di segreteria e di istruttoria; 1,7 miliardi tra diritti di paesaggistica e risarcimenti per danno ambientale. Si tratta di somme che ad oggi ammontano in tutto a 19 miliardi di euro e che potrebbero essere inserite almeno al 50% in questa legge di Bilancio perché, se si vuole, con un intervento a livello di Pa centrale in un anno questi soldi potrebbero essere incassati dallo Stato per evitare altre tasse, mettere in sicurezza il territorio, pensare ad una strategia di efficienza energetica, dare più servizi ai cittadini, fare investimenti per lo sviluppo del Paese”.
La Capitale… anche dei condoni inevasi
Complice la ‘cubatura’ probabilmente, la Capitale a 35 anni dalla prima legge si distingue le 171.115 pratiche di condono edilizio ancora da evadere. Segue quindi Napoli – molte più moderata – con 43.432 pratiche ancora ferme soltanto che, mente Roma ha perlomeno definito più del 70% dell’ammontare iniziale di pratiche, rispetto al suo totale Napoli ne ‘risolte’ molto meno della metà. Tra le città invece meno colpito da questa impietosa ‘giacenza’ c’è Torino (con 24.564 pratiche al palo), Milano (20.545) e, addirittura unico comune non capoluogo nella ‘top ten’: Fiumicino (con 20.254). Segue poi Reggio Calabria (20.000).
Come dicevamo, in seno alla digitalizzazione della Pa, nel realizzare questo Secondo rapporto, il Centro Studi Sogeea ha creato una specifica piattaforma web, per facilitare anche i comuni, i cui dati confluiranno così in unico ‘contenitore’. Dunque, il Centro Studi Sogeea è così riuscito a raccogliere le pratiche relative a 993 differenti amministrazioni. Anche se, hanno spiegato gli analisti, “a rendere spesso difficoltoso l’accertamento dei dati anche per gli stessi uffici tecnici dei Comuni è la situazione degli archivi: solo nel 4,42% dei casi, infatti, ci si è potuti affidare ad un registro completamente digitalizzato a fronte di un 59,77% di pratiche ancora totalmente in versione cartacea, mentre il restante 35,81% è rappresentato da archivi misti”.
Max