Trecentomila spettatori, che in serata diventano settecentomila, poi addirittura un milione dicono gli organizzatori. Numeri importanti per il Concertone di piazza San Giovanni a Roma. Di sicuro il colpo d’occhio è imponente. La piazza è piena, sono gremite anche le vie laterali: un gruppo di spettatori se ne sta da ore appollaiato sulla statua di San Francesco, pur di riuscire a vedere il palco. Lo spettacolo organizzato dai sindacati confederali, dedicato quest’anno al tema “Le nostre storie”, tiene alla grande, nonostante la concorrenza di altri concertoni, a cominciare da quello di Taranto. Nel pomeriggio è stato folk ed etnico, in serata rock, poi è diventato decisamente rap con il lungo set di Clementino e Rocco Hunt. Ma non c’è stata solo la musica, grazie alle storie di lavoro e resistenza raccontate da testimonial e seguite con attenzione dai ragazzi della piazza: storie di lavoro perduto, storie di lavoro negato, storie di violenza. “Il concertone di piazza San Giovanni torna a essere il luogo dove parlare di storie e di lavoro, un luogo quindi che diventa anche di partenza e di presenza del sindacato”, ha detto Susanna Camusso, leader della Cgil, arrivata a piazza San Giovanni per seguire la seconda parte del Concertone organizzato da Cgil, Cisl e Uil. Ma messaggi politici sono arrivati anche dal palco, a cominciare da quello con il quale Piero Pelù ha aperto il suo set, in prima serata e in diretta su RaiTre: “Vi chiedo un minuto di silenzio da dedicare a chi è morto sul lavoro, a chi è ricattato per il lavoro, ai lavoratori della cultura, che solo in Italia non dà da mangiare, ai disoccupati, ai lavoratori di Piombino, di Porto Marghera, dell’Ilva di Taranto, del Sulcis. Un minuto per Mancini, il poliziotto morto per fare veramente il suo dovere e per scoprire nella Terra dei Fuochi i veleni che venivano interrati. Non vogliamo elemosine da 80 euro, vogliamo il lavoro”, ha detto Pelù, che poi ha criticato le spese militari. “Gli F35 rubano soldi alla scuola e agli ospedali. Io gli unici cannoni che ammetto sono quelli che dovrebbe fumarsi Giovanardi”. Ma il rocker ha attaccato duramente anche Renzi, definito “il non eletto, ovvero il boy scout di Licio Gelli: deve capire che in Italia abbiamo un nemico interno, la disoccupazione, la corruzione, il voto di scambio, la mafia, la ’ndrangheta, la camorra. La nostra è una guerra interna, il nemico è dentro di noi, forse siamo noi stessi”.