A pochi giorni dal Natale, mentre sui media impazzano le polemiche sul come e con chi consumare il ricco cenone, dalla Caritas giungono gli esiti di un rapporto, che ridisegna completamente la mappa del disagio nella Capitale. Un sorta di sonoro schiaffo in faccia, capace di mettere a nudo tutte le nostre vanità, e di trasformare in inutili orpelli tutto ciò che fino ad oggi pensavamo fossero delle necessità.
Dunque, non solo in tutto il Paese (a Milano l’associazione ‘Pane Quotidiano denuncia numeri di persone in difficoltà impressionati), complice il Covid, circondata da un dignitoso silenzio, in questo ultimo anno a Roma, la povertà ha continuato a crescere, toccando numeri agghiaccianti. Basti pensare che alle già numerose 40.607 persone che tradizionalmente frequentavano i Centri Caritas, negli ultimi mesi si sono aggiunte altre 7.500 persone. Le parrocchie romane preposte a questo nobile servizio di assistenza sociale, hanno visto raddoppiare il numero delle tessere.
Desta raccapriccio sapere che il 7% delle famiglie, con bambini spesso minori, vive in condizioni di grave deprivazione abitativa, senza riscaldamento che, quando non sono immobili insicuri o precari, sono roulotte fatiscenti, baracche di fortuna o, addirittura tende. Un dato gravissimo, di 2 punti percentuali superiore rispetto a quello nazionale, che arriva invece al 5%.
Dallo scorso marzo il 62% dell’assistenza è stato rappresentato dagli aiuti alimentari, con oltre 5mila pacchi distribuiti dagli Empori della solidarietà. Ma anche aiutini economici (in alcuni casi fino a 500 euro), per tenere fronte alle spese indispensabili di quanti persi davanti ai ratei delle bollette, quelle condominiali o peggio, impossibilitati ad affrontare spese mediche, o riparazioni varie. Soldi usciti dal Fondo speciale Anticrisi per l’emergenza Covid-19, dal quale la Caritas diocesana, ha attinto ben 489 volte per un ammontare complessivo di 175mila euro. E se oltre l’85% delle richieste hanno riguardato la gestione abitativa, 3.029 famiglie ne hanno usufruito per spese varie, non ultime quelle per garantire l’istruzione ai figli, attraverso dispositivi elettronici ed abbonamenti internet.
Delle complessive 97 diverse nazionalità che rappresentano il campione che si è rivolto ai Centro d’Ascolto parrocchiali, gli italiani sono il 48,7%. Nel 64,4% dei casi, a rappresentare la famiglia è una donna. Il 54% ha meno di 45 anni, e se gli ultra 65enni sono il 14,7%, non mancano gli under 25, che sono il 4,1%.
Particolarmente toccanti infine, le parole di Don Benoni Ambarus, direttore della Caritas che, addirittura, ringrazia “le persone che hanno bussato alle nostre porte affrontando la vergogna del chiedere, quasi fosse colpa loro. Voglio ringraziarle per la fiducia. Ma voglio anche chiedere loro perdono, a nome di tutta la società: scusate se continuiamo a nutrire un mondo che schiaccia i piccoli e i deboli. Scusate se noi e la città tutta, ci siamo distratti o peggio ancora abbiamo girato gli occhi ed il cuore dall’altra parte”.
Ma questa preoccupante e diffusa recrudescenza della povertà nella Capitale ha finito per investire anche quelle che un tempo erano nuclei medio borghesi.
Come spiega infatti il caritatevole parroco di San Martino I Papa, don Antonio Pompili, “Ora fra i nuovi poveri ci sono anche i proprietari di case”, come spiegava si tratta di “diverse famiglie della media borghesia che per avere perso il lavoro devono fare i conti con il pezzo di pane da portare a tavola ogni giorno“.
Come detto, l’avvento di questa maledetta pandemia, ha letteralmente sconvolto gli equilibri, rappresentando il ‘colpo di grazia’ per quanti costretti a vivere sul filo: “I disagi più grandi si sono riscontrati dopo il lockdown– conferma don Antonio – poi c’è stata una parvenza di ripresa in estate ma ora la gente è tornata di nuovo a perdere il lavoro e quindi in sofferenza“.
Anche il parroco di San Martino I Papa, sottolinea la grande dignità che anima queste persone meno fortunate: “Spesso c’è vergogna ma in ultima analisi, anche se costa tanto in termini di dignità, molti sentono la necessità di venire a raccontare le difficoltà. Noi cerchiamo di essere vicini a queste persone che diversamente resterebbero isolate…”
E pensare che, in queste stesse ore, milioni di persone ‘fortunate’ la stanno menando perché non possono ‘godersi’ le leccornie del cenone con gli amici…
Max