(Adnkronos) – “Io non ho conosciuto personalmente Marcelo Pecci, ma lo conoscevo di fama anche perché qualche anno fa partecipammo, seppur in giornate diverse, allo stesso convegno-seminario in America Latina sulla lotta al narcotraffico. Avendo lavorato per anni in America Latina conosco l’efferatezza dei narcos colombiani e messicani, in collegamento anche con le mafie italiane. Il tutto a dimostrazione che le mafie globali costituiscono ancora oggi l’emergenza numero uno e che non bisogna mai abbassare la guardia né in America Latina né in Italia. Mentre da noi si alimenta l’illusione che la mafia è stata sconfitta o confinata nei suoi territori di origine”. A dirlo all’Adnkronos è l’ex Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che per qualche tempo ha lavorato in Sudamerica.
“Come dimostra anche la limitazione della mia protezione solo in Sicilia, come se la mafia fosse confinata in Sicilia”, aggiunge l’ex magistrato che oggi fa l’avvocato, facendo riferimento alla decisione del Tar di assegnargli la scorta solo in Sicilia e non fuori dalla regione. “La domanda quindi sorge spontanea per Pecci: come mai non era protetto anche se lontano dalla sua sede di lavoro?”, conclude Ingroia.