Un aumento medio della temperatura globale di “1,5 gradi” centigradi rispetto ai livelli preindustriali “è quello che ci serve per sopravvivere. Due gradi è una condanna a morte per il popolo di Barbuda, di Antigua, delle Maldive, della Dominica, del Kenya e del Mozambico, e per il popolo di Samoa e delle Barbados”. Così la premier delle Barbados, Mia Mottley, durante la Cop26 a Glasgow.
“La pandemia” di Covid-19, continua Mottley, “ci ha insegnato che le soluzioni nazionali non funzionano per i problemi nazionali. Ci sono gap: sulla finanza climatica per la mitigazione, sugli Ndc (National Determined Contributions, gli impegni che ogni Paese prende per ridurre le emissioni, ndr). Cosa dobbiamo dire ai nostri popoli che sono in prima linea, quando qui non ci sono l’ambizione e, purtroppo, neanche alcune delle facce che sono necessarie? I nostri popoli ci stanno guardando: dobbiamo davvero lasciare la Scozia senza i risultati che servono? Davvero alcuni leader presenti credono di poter sopravvivere da soli? Non hanno imparato nulla dalla pandemia?”.
“I leader – continua Mottley – non devono deludere coloro che li hanno eletti per guidare. Dobbiamo tagliare il nodo gordiano: le banche centrali dei Paesi più ricchi hanno speso 25 bilioni di dollari per il Quantitative Easing negli ultimi 13 anni. Se li avessimo usati per finanziare la transizione energetica, per cambiare il modo in cui mangiamo e ci muoviamo, avremmo raggiunto già oggi il limite di 1,5 gradi che per noi è vitale. Serve un aumento annuo dei diritti speciali di prelievo (la valuta di conto dell’Fmi, ndr) di 500 mld di dollari all’anno per 20 anni, messi in un trust, per finanziare la transizione: questo è il vero gap che va colmato, non i 50 mld proposti per l’adattamento climatico. E se 500 mld vi sembrano tanti, indovinate un po’, è solo il 2% di quanto speso per il Qe”, conclude.