Onestamente, considerando il gran freddo di questi giorni, e ripensando a quanto ha fatto caldo lestate 2015 (almeno in Italia), riesce complicato leggere quanto dichiarato dagli scienziati dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo) i quali, attraverso uno studio preliminare, hanno annunciato che il 2016 si appresta ad essere il più caldo mai registrato. Questo perché le temperature globali misurate per il periodo gennaio-settembre, hanno raggiunto 1,2 gradi sopra i livelli preindustriali. In virtù di queste rilevazioni, i dati preliminari relativi a ottobre, il 2016 si avvia ad essere un anno ancora più caldo del 2015, che già ha superato ogni record. Come spiega la rivista Earth System Science Data, a Marrakech è stato presentato uno studio incentrato sulle emissioni globali di CO2 che risultano rimaste stabili negli ultimi tre anni a fronte di una crescita delle economie. Il trend indica un possibile spostamento verso un sistema economico globale più pulito. Ma gli esperti avvertono che è troppo presto per parlare di una svolta nelle emissioni che contribuiscono ai cambiamenti climatici. “E’ una grande notizia quella che le emissioni di CO2 sono rimaste stabili negli ultimi tre anni ma è troppo presto per affermare che il picco sia stato raggiunto”, afferma il coautore dello studio Glen Peters, del Centro di Ricerca Internazionale sul Clima e l’Ambiente di Oslo. Negli ultimi tre anni, la crescita delle emissioni è rimasta sotto l’1%, nonostante il prodotto interno lordo abbia registrato un incremento del 3%. Gran parte del rallentamento della crescita annuale di emissioni di carbonio, che sono rimaste intorno a 36,4 miliardi tonnellate negli ultimi tre anni, è legato alla riduzione delle emissioni da parte della Cina, dello 0,7% nel 2015. Gli scienziati avvertono, però, che le cause della riduzione delle emissioni della Cina (responsabile per il 30% delle emissioni globali di carbonio) sono ancora poco chiare e che in passato ci sono stati dati incoerenti. “È difficile dire se il rallentamento sia a causa di una ristrutturazione di successo e lineare dell’economia cinese o un segno di instabilità economica”, dice Peters. “Tuttavia – avverte – l’imprevista riduzione delle emissioni cinesi dà la speranza che il più grande emettitore mondiale possa raggiungere obiettivi ancora più ambiziosi”. Anche la riduzione di emissioni da parte degli Usa, in gran parte collegata al declino dell’uso di carbone, ha avuto un impatto a livello globale. E se il neopresidente Usa Donald Trump promette di rilanciare la produzione di carbone nel tentativo di creare posti di lavoro, gli autori dello studio avvertono che tornare indietro potrebbe risultare difficile. “Vale la pena notare che eolico, solare e gas continuano a sostituire il carbone nella produzione di energia elettrica degli Stati Uniti. I piani di Trump di rivitalizzare il settore del carbone potrebbero non essere in grado di contrastare le forze di mercato esistenti”, conclude Peters.