CIRCA IL CASO DEL CAPO DELL’OPPOSIZIONE POLITICA,BEPPE GRILLO, CONDANNATO AD UN ANNO DI RECLUSIONE PER DELITTO DI OPINIONE ESPRESSA PERALTRO IN PIENA CAMPAGNA REFERENDARIA.

 

Non sono un grillino, tendo a precisarlo, e sono e rimango molto critico su molti aspetti del funzionamento e delle posizioni del movimento cinque stelle, a partire dalla questione del “non statuto”, di come hanno funzionato i cosiddetti meetup e cellule locali del movimento, per continuare con le posizioni su un referendum antieuro inammissibile sotto il profilo costituzionale, tuttavìa sono rimasto veramente perplesso quando ho appreso la notizia della condanna del Leader del movimento, Beppe Grillo, ad un anno di reclusione da parte del tribunale di Ascoli Piceno per diffamazione aggravata ai danni del docente universitario dell’Università di Modena e Reggio Emilia, prof. Franco Battaglia. Le mie perplessità sono legate ad aspetti squisitamente tecnici,prima che a valutazioni sul momento politico in cui si colloca l’evento,vale a dire in un momento in cui, se il governo Renzi dovesse cadere, per il venir meno dei numeri, in particolare sulla riforma del Senato dei nominati, appare chiaro che il presidente della Repubblica Mattarella avrebbe il dovere costituzionale, prima di sciogliere le urne e andare a nuove elezioni, di valutare anche un eventuale incarico,magari esplorativo, in favore del movimento che ha avuto una performance elettorale senza precedenti nella storia del paese in considerazione del fatto che era la prima volta che si proponeva nell’arco parlamentare. Ricostruendo in sintesi l’accaduto: il leader di M5S doveva rispondere di diffamazione aggravata nei confronti del professor Franco Battaglia, docente del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia poiché,in un comizio, e sottolineo comizio, per il referendum sul nucleare tenuto l’11 maggio 2011 a San Benedetto del Tronto, Grillo si era scagliato contro un intervento di Battaglia ad Anno Zero in cui, in buona sostanza sarebbero stati minimizzati gli effetti di un evento come Chernobyl nell’ambito quindi di una trasmissione televisiva molto seguita e di sicuro impatto sul diritto di informazione e sull’opinione pubblica,Beppe Grillo si sarebbe espresso, a San Benedetto del Tronto, nei seguenti termini:“Vi invito a non pagare più il canone,”,trattandosi di trasmissione del servizio pubblico radiotelevisivo, “io non lo pago più perchè non puoi permettere ad un ingegnere dei materiali, nemmeno del nucleare, parlo di Battaglia, un consulente delle multinazionali, di andare in televisione e dire, con nonchalance, che a Chernobyl non è morto nessuno. Io ti prendo a calci nel c…o e ti sbatto fuori dalla televisione, ti denuncio e ti mando in galera». Per quanto i toni siano concitati, si deve anche considerare,sotto il profilo psicologico, dopo Fukushima, l’indignazione verso tesi volte obiettivamente a sminuire l’entità di eventi di portata catastrofale. Peraltro quando si parla di comizi politici, e questo si estende anche ovviamente ad una campagna referendaria, determinate espressioni icastiche, colorite e suggestive, tanto più se proferite da un comico di professione, avrebbero dovuto essere considerate sotto altra luce, vale a dire per quello che erano nella sostanza: una “boutade” o battuta elettorale. Uno dei problemi di fondo era anche quello di vagliare, sempre sul piano obiettivo, da parte del tribunale, stante la più volte annunciata e non ancora approvata depenalizzazione del reato di diffamazione aggravata, se il prof. Battaglia nell’ambito della trasmissione avesse veramente detto che a Chernobyl non era morto nessuno, poiché la diffamazione sussiste, nell’elemento materiale, anche nel riferire o attribuire a taluno cose diverse da quelle che ha detto o fatto veramente,ma resta il fatto che, sotto il profilo dell’elemento psicologico, sussistevano pienamente,a nostro sommesso avviso, i diritti di critica, tanto più per la valenza politica dell’intervento, di cronaca-informazione in senso contrario dell’opinione pubblica (Corte Cost.1052/1972,225/1974, 94/1977) e anche di satira,perché se accetti di andare in televisione a portare avanti le tesi del nucleare,alla luce di certi eventi, accetti anche implicitamente di esporti alle critiche e alla satira,tanto più in un comizio pubblico. Sussistevano cioè ampi margini per scriminare l’accaduto in virtù della libertà costituzionale di espressione del pensiero (art.21 Cost.) in un ordinamento democratico fondato sul confronto dialettico,anche a distanza tra le parti, considerando soprattutto che la questione ineriva aspetti scientifici e che, pur non essendo Beppe Grillo uno scienziato, il suo diritto di critica in ambito scientifico,verso le posizione del docente universitario, beneficiavano di una tutela rafforzata dall’art.33 della Costituzione che opera come esimente specifica poiche sancisce specificamente, “senza limiti e condizioni” la libertà di scienza ( così leggiamo a pag.483 del noto trattato di Vincenzo Pezzella sulla Diffamazione, edizioni Utet).Pertanto, pur sussistendo obiettivamente, una veemenza espressiva, andava considerata adeguatamente anche la delicatezza dell’argomento, le sue implicazioni politiche e gli interessi in gioco nella campagna referendaria,poiché la rilevanza politica dell’accaduto e il peso di parte politica sostanzialmente rivestito dal prof.Battaglia nel suo intervento televisivo del 2011 finiva per richiamare anche la debita valutazione della sentenza del 1 Luglio 1997 della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla grande tolleranza che le parti politiche sono chiamate a dimostrare soprattutto quando “rendono dichiarazioni pubbliche che possono suscitare critiche” e quindi della sussistenza della relativa esimente a livello penale (ibidem,pag.484 e seg.). Bisogna anche considerare, in proposito, che il P.M. avrebbe chiesto una pena pecuniaria,mentre invece il tribunale ha optato per la pena detentiva di un anno e che anche la cifra di 50.000 euro, a puro titolo di provvisionale, in favore del prof. Battaglia, sotto il profilo civilistico, appare una sanzione risarcitoria esemplare per chi conosce le prassi giurisprudenziali. Beppe Grillo ha commentato giustamente dicendo che la sua campagna referendaria ci ha lasciato un’Italia senza rischio di nucleare e Fukushima, la dismissione degli impianti nucleari in altri paesi della U.E., dopo tale evento, compresa la Germania, ci dicono che, al di là dei toni coloriti o veementi, stava lui dalla parte politica e legislativa del giusto, come ha confermato il voto popolare sovrano. Ma v’ha di più, sempre a mio sommesso parere, sappiamo tutti che Grillo non è un parlamentare e non gode della relativa immunità che lo tutelerebbe in pieno dalla processabilità per reati di opinione, ma è comunque, di fatto, il Leader di uno dei più importanti movimenti politici e di opinione di questo paese, un movimento che ha avuto comunque il merito di far saltare la logica maggioritaria del bipolarismo e di dar voce e rappresentanza a milioni di “indignados” e liberi elettori che hanno preferito votare il movimento piuttosto che scegliere la via dell’astensionismo o altro,se è vero come è vero che la democrazia e la libertà sono partecipazione, come cantava Gaber, allora non c’è chi non veda quanto pesi una condanna penale del genere in un momento politico così delicato proprio per la posizione di possibile alternativa che può giocare in concreto il movimento non solo nell’arco parlamentare,ma anche in un possibile scenario di coalizione governativa,mandato esplorativo,ecc. La ragione storica stessa dell’immunità parlamentare è quella di salvaguardare in particolare i rappresentanti delle minoranze e soprattutto dell’opposizione politica da eventuali condanne strumentali e/o massimamente per reati di opinione, poiché,diversamente, senza la più ampia libertà di confronto politico,scientifico e culturale, a livello dialettico,e senza la funzione di tutti i mezzi di informazione e confronto, comizi compresi, rimane sempre spianata la via agli scenari dittatoriali o orwelliani,tanto più in assenza di una legge sul conflitto di interessi, più volte sollecitata dall’Europa, e della situazione singolare che a livello di mass-media ed editoria ci troviamo ancora a vivere in Italia. Si tratta quindi di una pronuncia, sempre a nostro modesto avviso, non condivisibile e che rischia di alimentare polemiche e dietrologismi politici circa le motivazioni di carattere “politico processuale”, se non addirittura di suscitare indignazione e sospetti in chi già si vede costantemente escluso dalla scena governativa e decisionale in nome di una scelta,dopo i vari esperimenti tecnici, di un premier non eletto direttamente dal popolo in libere elezioni,come è di fatto Renzi. Il caso in esame pertanto riteniamo che debba formare oggetto del più ampio dibattito giornalistico e televisivo e che debba indurre ad una seria riflessione sia sull’urgenza di una legge selettiva di depenalizzazione che vada ad eliminare i residui del Codice Rocco in tema di reati di opinione,specie in ambito politico,ecc., e non piuttosto fattispecie come l’occupazione abusiva di immobili che costringerebbero di fatto buona parte della popolazione a vivere con l’incubo dell’occupazione,ecc., che sul ruolo della magistratura e la necessità di maggiori elementi di certezza del diritto e uniformità di trattamento tanto sulle norme incriminatrici che su esimenti e scriminanti tanto più quando si tratti di reati la cui offensività potenziale va controbilanciata con la tutela di valori democratici costituzionali fondamentali per imboccare la strada giusta nel difficile percorso quotidiano del raggiungimento dello Stato democratico, approdo sempre mai definitivamente raggiunto e per il cui raggiungimento l’opposizione politica gioca un ruolo ancor più fondamentale di quello dei partiti di governo secondo l’insegnamento del grande Hans Kelsen.