Il fondatore de I Siciliani, il mensile d’inchiesta che ha raccontato con abilità e anticipo l’intrigo tra imprenditoria, mafia e politica siciliana, era Pippo Fava. Questo giornalista fu ucciso quarant’anni fa – 5 gennaio 1984 – da cinque colpi di pistola sparati contro di lui da parte di alcuni membri del clan mafioso dei Santapaola, cartello criminale catanese. Era di fronte al Teatro Stabile di Catania dove era andato per vedere una rappresentazione della commedia Pensaci, Giacomino! di Pirandello. Recitava sua nipote.
Nel giro di sei anni, Pippo Fava fu il secondo giornalista ucciso dalla mafia. Il primo era stato Peppino Impastato nel 1978. In quel momento, nel 1984, Fava dirigeva I Siciliani, quotidiano diventato noto per i suoi servizi giornalistici approfonditi e di denuncia contro la mafia siciliana e non solo.
La settimana prima dell’omicidio, Pippo Fava fece una denuncia molto forte durante un’intervista ad Enzo Biagi e secondo alcuni quelle esatte parole rappresentano la goccia che fece traboccare il vaso, scatenando così la reazione di Cosa Nostra. «Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico e importante».
Fava aveva un’idea del giornalismo molto alta, particolare e di profonda coscienza: “Ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che, in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente in allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo”. Parole molto forti che rappresentano la vera essenza della persona e del professionista qual era.