CINEMA IN LUTTO: NEI GIORNI SCORSI SI E’ SPENTO GILBERTO GALIMBERTI, IL DEBUTTO DA ‘ACROBATA’ E LA CONSACRAZIONE COME MAESTRO D’ARMI

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    “Il mio è stato il mestiere più bello del mondo, che ho amato da subito. Certo qualche amarezza c’è stata, almeno agli inizi: quando buttavo lacrime e sudore per girare scene complicate e pericolose, e scorrendo i titoli di coda del film poi leggevo il mio nome alla fine, in fondo”. Romano doc, nato nel cuore di Roma, a Testaccio (il25 febbraio1933), Gilberto Galimberti aveva ‘un mondo di aneddoti’ con i quali stupire i suoi interlocutori. Un atleta nato, esperto judoka, Galimberti è stato sì un attore ma, soprattutto (cosa di cui andava fiero), uno dei primi ‘stunman’ italiani: “A quei tempi eravamo definiti acrobati – ricordava orgoglioso – lo ‘stuntman’ era un mestiere americano”. ‘Arruolato’ casualmente da un agente di casting che girava le palestre per trovare atleti da usare come ‘controfigure’ per gli attori protagonisti – nei passaggi più pericolosi – giovanissimo, debutta in una pellicola in costume: “Mi esercitai giorni e giorni a tirare di sciabola e fioretto – ricordava – e fu un’esperienza bellissima. In quel momento decisi che questo sarebbe stato il mio mestiere”. In realtà poi le cose non furono così semplici anche perché, già da allora, spiegava Gilberto a proposito dell’ambiente cinematografico, “era particolare, con molte gelosie, ed entrare in certi giri non era per niente facile”. Ma la ‘tigna’ è sempre stata una componente fondamentale del suo carattere, e il giovane atleta continua a bussare ad ogni porta. Gli si presenta così una seconda occasione: “Stavano girando una pellicola che prevedeva un assalto a un castello, arrampicandosi con le corde. Mi chiesero: ‘te la senti?’ Capirai, in palestra passavo le ore sulla corda! Ricordo che scalai quei 15 metri come un gatto! Rimasero stupiti, e superai ogni loro perplessità. Da lì iniziarono a chiamarmi con regolarità”. Gilberto, complice la sua pignoleria e precisione, acquisisce sul campo la stima e l’affetto degli addetti ai lavori, e gira film in continuazione. Fra quelli  più importanti ricordiamo: ‘Ercole contro i tiranni di Babilonia’ (regia di Domenico Paolella, 1964); ‘Il tormento e l’estasi’ (regia di Carol Reed , 1965); ‘Mille dollari sul nero’ (regia di Alberto Cardone, 1966); ‘Rose rosse per il führer’ (regia di Fernando Di Leo1968); ‘L’uomo più velenoso del cobra’ (regia di Bitto Albertini, 1971); ‘La mala ordina’ (regia di Fernando Di Leo, 1972); ‘Milano calibro 9’ (regia di Fernando Di Leo, 1972); ‘Il boss’ (regia di Fernando Di Leo, 1973); ‘Dio, sei proprio un padreterno!ì (regia di Michele Lupo, 1973); ‘La mano nera’ (regia di Antonio Racioppi, 1973); ‘A pugni nudi’ (regia di Marcello Zeani1974); ‘Il poliziotto è marcio’ (regia di Fernando Di Leo, 1974); ‘Il cittadino si ribella’ (regia di Enzo G. Castellari,1974); ‘Colpo in canna’ (regia di Fernando Di Leo, 1975); ‘Yuppi du’ (regia di Adriano Celentano, 1975); ‘Roma violenta (regia di Franco Martinelli, 1975); ‘L’uomo della strada fa giustizia’ (regia di Umberto Lenzi,1975). Ma oltre il grandissimo successo suscitato dalle saghe degli ‘spaghetti western’, a ‘consacrare’ l’indiscutibile professionalità di questo meraviglioso team di stuntman romani, prima l’inarrivabile serie di ‘Trinità’, con Bud Spencer e Terence Hill, poi le pellicole – oggi cult – di Tomas Millan dove, oltre al colorito ‘slang’, erano soprattutto gli inseguimenti mozzafiato e le caotiche scazzottate (“La mia preferita? Quella per ‘Django’, con Franco nero”, girata tutta con la camera a mano”), a rappresentare la chiave del successo, il sale della popolarità decretata dai botteghini. E’ proprio in quegli anni che Gilberto fa un ‘doppio grande passo’: diventa maestro d’armi, e con i suoi colleghi fonda l’Organizzazione Acrobati Cinematografi. “Quando mi proposero di passare a fare il maestro d’armi ebbi pauraspiegò in un’intervista Galimberti – Era un mestiere tutto da scoprire, poi ormai nel giro degli stuntman lavoravo sempre, questa cosa nuova mi dava pensiero: e se poi lavoro meno? Il maestro d’armi in poche parole è il regista dell’azione: scazzottate, inseguimenti, sparatorie, è tutta farina del suo sacco. Occorre grande fiducia da parte del regista, che deve affidarti totalmente la costruzione delle scene più eclatanti di un film. Cercavo di capire ogni passaggio di un film, passavo le ore in sala montaggio per capire i tagli, gli stacchi, cercando di intuire come e dove sarebbe poi ‘evoluto’ ciò che giravamo. Nel frattempo con la mia società, e l’aiuto di ingegnose maestranze, studiavamo addirittura congegni e meccaniche dove poter inserire le camere, così da aggiungere al girato nuove ed inedite inquadrature. Poi la responsabilità delle armi, caricate a salve ma comunque pericolose: mai sparare a distanze ravvicinate e, soprattutto verso ‘la carne scoperta’, si rischiava di rimanere ustionati dalla potente fiammata”. Ma nonostante le sue – legittime – perplessità iniziali, la carriera di Gilberto prosegue alla grande, e gira moltissimi altri film, tra i quali, ‘Con la rabbia agli occhi’ (regia di Antonio Margheriti, 1976); ‘I padroni della città’ (regia di Fernando Di Leo, 1976); ‘Squadra antifurto’ (regia di Bruno Corbucci, 1976); ‘Uomini si nasce poliziotti si muore’ (regia di Ruggero Deodato, 1976); ‘Ring’ (regia di Luigi Petrini1977); ‘La banda Vallanzasca’ (regia di Mario Bianchi, 1977); ‘L’avvocato della mala’ (regia di Alberto Marras,1977); ‘Diamanti sporchi di sangue’ (regia di Fernando Di Leo, 1978); ‘Avere vent’anni’ (regia di Fernando Di Leo, 1978). Una carriera filmica bellissima ed irripetibile, fino agli anni ’90. Negli ultimi anni Gilberto ha comunque continuato a dispensare consigli alle nuove generazioni attraverso vere e proprie ‘consulenze autoriali’. Ma il tempo, per chi è abituato a viverlo appeso a un cornicione, o a folle velocità su una moto, scorre via senza nemmeno accorgersene. E nei giorni scorsi, circondato dall’affetto dei suoi cari, il 16 giugno Gilberto ha girato l’ultima scena del suo bellissimo film chiamato ‘vita’…

    Max