Cibo spazzatura e pubblicità ingannevole: l’Oms bacchetta anche l’Italia

I bambini di tutta Europa sono circondati continuamente da cibo spazzatura. Non basta quello acquistato nei supermercati, a fare la sua parte ci pensa anche la pubblicità. Tv, social e canali web propongono troppo spesso gli spot dei cosiddetti “junk food”: alimenti ad alto contenuto di grassi, sale o zucchero che aumentano il rischio di obesità e, alla lunga, di problemi di salute anche più gravi.
A lanciare l’allarme è l’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità) in un report pubblicato nei giorni scorsi in collaborazione con l’università di Liverpool e l’Open University del Regno Unito. Lo studio è il risultato di un’indagine a otto anni dalle raccomandazioni della stessa Oms, che nel maggio del 2010 chiese ai paesi di adottare una serie di misure proprio per ridurre l’esposizione dei bambini agli alimenti più insani.
Oggi i risultati sono negativi, anche se non disastrosi: solo la metà dei Paesi dell’area europea (molto più vasta della Ue: parliamo di una macro area che conta 53 stati) si è mossa contro il marketing del cibo spazzatura, anche se non tutti gli stati l’hanno fatto in modo sufficiente.
L’Italia non è tra i Paesi “immobili”, ma tra quelli che si stanno muovendo in modo insufficiente. Nel nostro Paese infatti non sono state prese iniziative governative ma è in vigore una sorta di auto-regolamentazione che si basa sulla raccomandazione europea: non pubblicizzare cibi spazzatura sui mass-media in cui gli under 12 compongono il 35% dell’audience. La stessa via scelta da Germania, Russia, Austria, Belgio e diversi altri Paesi dell’area.
Trattandosi di iniziative dell’industria, sottolineano gli esperti, queste dovrebbero essere monitorate da autorità indipendenti. E, comunque, non è detto che bastino.
Il problema infatti è che nella maggior parte dei casi le iniziative riguardano esclusivamente l’ambito della pubblicità. Ma ci sono molti altri modi per “ingolosire” i ragazzi: il marketing online è uno dei più utilizzati, ma c’è anche il packaging o la presenza di questi prodotti in trasmissioni televisive, senza che vengano mai neanche nominati. O ancora, le iniziative promozionali dei marchi, non dei singoli prodotti. Questi settori, evidenzia l’Oms, compongono uno scenario da far west in cui i regolatori non hanno mai messo piede.
Un altro problema è quello legato alla fascia d’età: “Le attuali regole cercano di proteggere solo i bambini fino ai 12 o 13 anni – scrive l’Oms – ma ci sono corpose evidenze del fatto che anche gli adolescenti siano suscettibili a questo tipo di marketing”.
Diversi Paesi non hanno neanche stabilito per quali categorie di prodotti dovrebbe essere limitato il marketing ai ragazzini. Gli esperto dell’Oms consigliano, in questo caso, di utilizzare o sviluppare profili nutrizionali in grado di distinguere il junk-food dal resto dei prodotti.
In Europa, però, il problema è ancora più a monte. La Commissione infatti non ha ancora applicato il regolamento 1924/2006 sui profili nutrizionali. Significa che non esiste una tabella che indichi, per ogni categoria di prodotto, ad esempio quanto zucchero o quanto sale dovrebbe esserci e fino a quale soglia. Questo vuoto normativo fa sì che in alcuni casi, multinazionali del cibo spaccino per “sani” o addirittura “indicati per bambini”, alimenti infarciti di zuccheri.