(Adnkronos) –
“Potremmo avere un’altra Chernobyl, in scala più grande”, un disastro che rischia di cancellare il ricordo di quel 26 aprile del 1986 quando un guasto al reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl provocò il più grave incidente della storia dell’energia atomica civile.
E’ il timore espresso all’Adnkronos da Petro Kotin, ceo di Energoatom, commentando quanto successo ieri 36mo anniversario del disastro con l’ennesimo rischio di una catastrofe nucleare per due missili da crociera russi finiti sulla città di Zaporizhia, dopo aver sorvolato l’omonima centrale atomica occupata dai russi a bassissima quota. Come spiega il numero uno dell’azienda di Stato ucraina che si occupa della gestione delle quattro centrali nucleari attive nel territorio del Paese (Rivne e Khmelnitsky, Pivdennoukraïns’ka e Zaporizhzhia, la centrale più grande d’Europa) “i russi stanno sperimentando il lancio di missili su tutte le centrali nucleari. Lo hanno fatto più volte a Zaporizhia, un paio di giorni fa a Khmelnitsky. E ci aspettiamo a breve un altro pericolosissimo lancio e sorvolo in bassa quota su un’altra centrale. Ritengo che stiano controllando i percorsi per essere in grado prossimamente di colpire a colpo sicuro oggetti nucleari. Purtroppo la minaccia nucleare è una minaccia concreta”.
Uno degli obiettivi è comunque quello di “seminare terrore”. “Ma alla luce di quanto avvenuto durante quest’ultimo mese – aggiunge Kotin – vorrei dire che c’è di più, la situazione è di gran lunga peggiore di quanto descritto e percepito. Lo scorso 16 aprile 3 missili cruise sono passati a bassa quota sulla centrale, quasi colpendo il reattore e si sono schiantati a 30 km di distanza. Basta guardare il video in nostro possesso per comprenderete la gravità di questa azione militare che al di là di tutto sembra non contemplare il rischio errore umano, con le sue inevitabili conseguenze nucleari – commenta – Un paio di giorni fa è accaduta la stessa cosa a Khmelnitsky: missili hanno sorvolato la centrale a bassa quota e poi hanno colpito il vicino centro abitato. Ieri altri due missili sono stati lanciati dal mar Nero a Zaporizhia, hanno sorvolato la centrale a bassa quota e si sono schiantati in città. La situazione è gravissima: sulle centrali nucleari dovrebbe vigere il principio della no-fly zone ed esser consentito il sorvolo solo ai velivoli autorizzati. Invece assistiamo al libero lancio di missili diretti alle nostre centrali da parte dei russi, in un assordante silenzio internazionale. Ma come ieri ha detto Zelensky durante la visita a Chernobyl del capo dell’Aiea Grossi Mosca deve essere punita. Va diminuita la sua partecipazione in Aiea. Questi sorvoli non possono passare sotto silenzio”.
Il ceo di Energoatom non nasconde di essere preoccupato per “la presenza dei russi” in un sito come Zaporizhia “che conta sei reattori di tipo Vver1000 per un totale di quasi 6000 Mw”. Ma non è un pericolo legato alla ‘tecnologia’: quella, spiega “è una centrale verde. Non ha alcun tipo di impatto ambientale e noi riteniamo che mai lo avrà. Il pericolo lì è la perdita del controllo fisico dei reattori da parte dei nostri operatori, perché anche se tecnicamente sono presenti, si ritrovano fisicamente accanto ai russi che hanno convertito la centrale in una base militare con veicoli corazzati, carri armati, camion, armi, gas… collocati lateralmente e che potrebbero esplodere in qualunque momento”.
Senza contare la componente psicologica: “L’impatto sul personale è forte. I nostri tecnici sono terrorizzati, per loro stessi, per le loro famiglie che vivono nei paraggi. Manca il cibo, le medicine, i ceceni si spostano in pattuglie terrorizzando la gente. Costringono le persone ad uscire dalle auto; se i vetri sono oscurati, li minacciano con le pistole, li obbligano a rimuovere la pellicola vietata in Russia….”. “Dobbiamo riprendere il controllo fisico per essere garanti nei confronti della comunità internazionale della sicurezza nucleare e radioattiva – conclude il Ceo – E’ nei negoziati Aiea tentare di renderlo possibile. O avremo un’altra Chernobyl, in scala più grande”
(di Roberta Lanzara)