Negli ultimi anni ci aveva abituati alla sua ‘cucina on the road’, fatta di usi e tradizioni differenti, ma con un unico denominatore: la passione per il cibo e le sue varianti di preparazione. Simpatico, bonariamente ‘sbruffone’, uno stomaco capiente come un silos, Chef Rubio (ex rugbista passato ai fornelli), ha allegramente ‘allargato’ la platea dei programmi culinari, trasformandoli in veri e propri show, rendendo protagoniste sopratutto le persone comuni. Poi, a dir la verità, ‘l’inciampo’ con la politica: Rubio – come tutti del resto – ha ‘commesso l’errore’ di commentare (anche duramente), attraverso le sue pagine social, le affermazioni di alcuni leader politici, finendo così nel tritacarne mediatico tipicamente italiano.
Di lì la scelta di fermarsi, ‘parcheggiare’ la telecamera, ma non la voglia di ‘studiare’ il cibo – come vedremo – per riprendere ad ‘esplorare’ usi e culture lontane.
“La tv l’ho padroneggiata dal primo istante, ho fatto quello che volevo fare sempre e comunque. Ma quando non l’ho più potuto fare mi sono fatto da parte“, ha infatti spiegato lo chef romano intervenendo al Festival del Giornalismo Alimentare.
Convinto assertore che “il cibo non si esaurirà mai. Speriamo che si esaurirà invece prima o poi questo filone di programmi culinari che qualche volta riescono a centrare l’obiettivo altre volte no”, Rubio ha raccontato della sua esperienza nello Sri Lanka dove, ricorda, “ho scoperto che c’è una lobby indiana che gestisce con lo Stato le coltivazioni di tè”, quindi in Iran – “che vi invito a visitare” – ed infine a Gaza: “Lì sono riuscito a entrare facilmente in carcere per diversi giorni portando anche delle macchine fotografiche – racconta – In carcere i detenuti vengono chiamati ospiti, e hanno un cuoco che cucina per loro in maniera sublime. Un giorno abbiamo fatto un ‘incontro’ tra pasta al pomodoro, riso al curry e pollo, e abbiamo parlato della differenza tra i due popoli, che non c’è“.
Max