“Il centrodestra sopravvaluta se stesso e sottovaluta i suoi problemi. Inebriato dal vento popolare che soffia a suo favore e dalla confusione che regna nel campo avverso, sembra quasi non curarsi del malessere che sta cominciando a prendere corpo tra i suoi elettori. I quali magari già oggi, chissà, tributeranno a Berlusconi, Meloni e Salvini, e ai loro candidati sindaci, una pioggia di consensi. Ma forse invece, più probabilmente, finiranno per guastare loro quel clima di festa che sorride quasi sempre ai favoriti della vigilia.
Staremo a vedere. Quello che colpisce però, e che dà un po’ da pensare, è che le forze che sembrano contare sul favore dell’opinione pubblica stanno attraversando il mare in tempesta delle loro difficoltà e dei loro conflitti quasi con una sorta di noncuranza. Come se dovesse bastare loro il fatto che il paese sia tendenzialmente di centrodestra, e dunque si trattasse solo di allungare la mano e cogliere i frutti più gustosi dall’albero del sentimento popolare.
Ora, la tradizione di questi ultimi anni prevede che il centrosinistra macini troppa politica e che il centrodestra ne macini invece troppa poca. Da una parte, il rocambolesco turn over dei segretari del partito democratico, il succedersi delle scissioni, il rito delle primarie e via dicendo. Dall’altro la longevità di Berlusconi, il carattere piuttosto assertivo di Salvini e Meloni, la semplicità dei messaggi, la poca cura delle seconde e terze file. Insomma sembrano due eserciti politici che si combattono adottando regole agli antipodi. Gli uni producono più ‘politica’ di quanta ne riescano a consumare, gli altri ne consumano più di quanta ne riescano a produrre.
Questione di punti di vista, di tradizioni e di costumi. Saranno gli elettori, alla fine, a decidere quale dei due modi di stare in scena li convinca di più. Ma sarebbe auspicabile che ognuna delle due metà sapesse almeno levigare certi suoi difetti. E invece sembra che di quelle loro cattive abitudini alle volte si facciano quasi orgogliosi e cerchino sempre il modo di accentuare alcuni dei loro tratti fino a farne delle vere e proprie caricature.
La crisi del sistema politico, ovviamente, è trasversale e non esiste nessuno che ne sia esente. Ma a quanto pare quella crisi batte in queste ore soprattutto alle porte del centrodestra. Prima Giorgetti che fa il controcanto a Salvini un po’ su tutto. Poi Berlusconi che sembra irridere (salvo canonica smentita) le ambizioni di premiership di Meloni e Salvini. Poi ancora l’incomunicabilità tra i due delfini che evitano perfino di incrociarsi sul palco di un comizio a Milano. E su tutto questo lo stagliarsi del profilo non propriamente esaltate della gran parte dei candidati sindaci scelti e sottoposti, proprio oggi, a un primo scrutinio elettorale.
Ce n’è quanto basta perché il centrodestra, proprio perché forte di tanto consenso (e tante ambizioni) si interroghi su di sé. E piuttosto che dare per scontata la propria affermazione cerchi di capire come può migliorare il valore della propria proposta e della classe dirigente chiamata a incarnarla.
Il punto è che per arrivare fin lì occorre imparare a mettersi in discussione. Cercare nuove strade. Coltivare talenti nascosti. Discutere senza tabù. Litigare quanto basta. Insomma, fare quello che si fa un po’ dappertutto per migliorare il proprio progetto politico e attrarre le persone più adeguate per incarnarlo. Fino ad oggi il centrodestra è vissuto sul carisma – controverso ma innegabile – di Silvio Berlusconi. Non ha mai osato metterlo in discussione, e tantomeno sfidarlo. Nel bene e nel male Berlusconi è stato la bandiera del centrodestra, la sua icona e la sua àncora. In una parola, il suo ritratto non ancora invecchiato di Dorian Gray.
Così, però, da quella parte si è disimparata l’arte del litigio. Che in ogni democrazia, e a patto di non esagerare, è sempre una fucina di idee e di talenti”.
(di Marco Follini)