“Un patto corruttivo permanente” tra giudici, avvocati, funzionari, ufficiali che ha creato “danni patrimoniali ingentissimi all’erario e alle amministrazioni giudiziarie” ma anche un “discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia”. Eccolo, nero su bianco, il ‘cerchio magico’ di Silvana Saguto, l’ex Presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, condannata lo scorso 28 ottobre dal Tribunale di Caltanissetta a 8 anni e mezzo per la gestione illegale dei beni sequestrati a Cosa nostra. L’ex giudice, che nel frattempo è stata radiata dalla magistratura, secondo i magistrati, che hanno depositato le motivazioni in cancelleria, avrebbe messo in atto una “gestione privatistica”. L’accusa, rappresentata dai pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, durante la requisitoria, aveva parlato di un “sistema perverso e tentacolare”, guidato da Silvana Saguto.
In 1.314 pagine di motivazioni, i giudici nisseni, hanno ripercorso l’intera vicenda, da quando è scoppiato lo scandalo dei beni sequestrati che ha coinvolto personaggi insospettabili della pubblica amministrazione.”Ciò che è emerso dalla pletora di fatti delittuosi contestati è il totale mercimonio della gestione dei beni sequestrati e l’approfittamento, a vari livelli, del ruolo istituzionale ricoperto, che ha portato alla commissione di una serie eterogenea di reati, posti in essere mediante una così grave distorsione – per tempi, modalità e protrazione delle condotte – delle funzioni giudiziarie da avere arrecato, oltre che danni patrimoniali ingentissimi all’erario e alle amministrazioni giudiziarie, anche un discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia, per di più in un settore delicatissimo, quale è quello della gestione dei beni sequestrati alla criminalità mafiosa”.
‘Quadro di desolante strumentalizzazione della funzione giurisdizionale’
I magistrati parlano di “un quadro di desolante strumentalizzazione della funzione giurisdizionale a favore di una gestione privatistica” e di un “sistema clientelare di assegnazione degli incarichi di amministratore giudiziario”. “Un patto corruttivo di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti, senza che mai si possa individuare l’appartenenza ad un gruppo stabile e strutturato”, dice il Presidente Andrea Catalano. Un continuo scambio di favori e soldi tra Silvana Saguto e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, condannato a 7 anni e sei mesi. Saguto, nella qualità di giudice delegato, “ne avallava le scelte gestorie, autorizzandone comunque le istanze, spesso sotto la sua dettatura, e depositava decreti con i quali liquidava” decine di migliaia di euro.
I giudici parlano anche della vicenda del trolley contenente una somma ingente e che è stata uno dei perni del processo all’ex Presidente della Sezione misure di prevenzione Silvana Saguto. Una consegna di denaro, circa 20 mila euro, nascosti in un trolley, che sarebbe avvenuta in una calda serata di inizio estate, nell’abitazione della ex giudice, nel frattempo radiata dall’ordine giudiziario. E adesso, i giudici del Tribunale di Caltanissetta, nelle motivazioni depositate in cancelleria, confermano la ricostruzione dell’accusa. Secondo la ricostruzione dei pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, l’avvocato Cappellano Seminara il 30 giugno del 2015 avrebbe consegnato direttamente a casa, dentro una valigetta la somma di 20 mila euro.
“La dazione di denaro è stata pienamente dimostrata”, dicono i giudici. “La cronologia dei contatti che si sono susseguiti tra Cappellano e Saguto dall’8 al 30 giugno 2015- dicono i giudici – dimostra che la visita effettuata da Cappellano Seminara presso l’abitazione di Saguto la sera del 30 giugno 2015 alle 22,35 aveva come precipuo scopo la consegna del denaro ripetutamente richiestogli dalla Saguto nel corso delle conversazioni intercettate”. “I dialoghi captati – dicono i giudici – in quel periodo, danno prova della situazione di profonda crisi economica, caratterizzata da un elevato indebitamento bancario e da una carenza di liquidità, in cui versava il nucleo familiare Saguto-Caramma nei mesi da maggio a luglio 2015 e delle pressanti richieste della Saguto, ripetutamente formulate a Cappellano, di fornirle i ‘documenti’, non meglio identificati. Nelle motivazioni della sentenza i giudici di Caltanissetta elencano anche le conversazioni telefoniche ed ambientali dalle quali emergono le “difficoltà economiche vissute dalla famiglia Saguto-Caramma”.
Si fa anche riferimento “alle richieste di denaro, più o meno esplicite, formulate da Saguto all’indirizzo di Cappellano Seminara, e culminate il 30 giugno con la visita di quest’ultimo a casa di Silvana Saguto, intorno alle 22.30”. L’11 giugno, la Saguto, parlando con il figlio Elio, che si lamentava di non percepire lo stipendio fino a settembre , lo “esortava a fare qualche sacrificetto” e a “tirare”, gli diceva “speriamo che arrivino le cose che devono arrivare…”. Da un’altra conversazione, questa volta con la madre della ex giudice, emerge che “la situazione economica della famiglia Saguto-Caramma era problematica – scrivono i giudici – il conto corrente era in sofferenza di 1.150 euro, l’affitto di casa del figlio Elio doveva essere pagato, Lisetta, la collaboratrice domestica, non aveva ricevuto ancora lo stipendio”. A quel punto la Saguto dice alla madre che “dovrebbero arrivare dei soldi a Lorenzo”.
‘Dal 2010 con Cappellano un sinallagma corruttivo’
“Non può revocarsi in dubbio, quindi – dicono i giudici – che nelle conversazioni l’allusione al fatto che dovesse arrivare qualcosa conteneva il riferimento al denaro”. Secondo i giudici i soldi, nelle conversazioni, erano indicati come “documenti”. E in un’altra conversazione, del 23 giugno 2015, Cappellano fa visita alla Saguto in Tribunale e le diceva, scrivono i giudici, che “la documentazione era pronta”, ma che “doveva solo andarla a ritirare” e le proponeva di consegnargliela sabato”. Ma Saguto doveva recarsi a Siracusa e quindi “i due restavano d’accordo che Cappellano avrebbe consegnato ‘i documenti’ a suo marito” Lorenzo Caramma. “Il 30 giugno 2015 Cappellano andava effettivamente a casa della Saguto – scrivono i giudici – come risulta dall’attività di indagine espletata”. E l’indagine bancaria “ha consentito di accertare che sul conto corrente della Saguto e del marito venivano effettuati tra versamenti in contanti l’1, il 2 e il 7 luglio, rispettivamente di tremila, duemila e tremila euro, ossia per un importo totale di 8.000 euro”, si legge nelle motivazioni.
I giudici dicono ancora che “già dalla fine del 2010 tra Silvana Saguto e Gaetano Cappellano Seminara era in atto il sinallagma corruttivo, nell’ambito del quale gli incarichi di Cappellano Seminara venivano compensati con le utilità consistite nelle nomine e nella retribuzione indebita di Lorenzo Caramma”, marito della ex giudice Saguto. Lo scrivono i giudici del Tribunale di Caltanissetta nelle motivazioni della sentenza di condanna della ex presidente misure di prevenzione di Palermo, condannata a 8 anni e mezzo per corruzione e abuso di ufficio.
Secondo i giudici “Saguto aveva completamente rinunciato alle sue prerogative ed era propensa ad adottare ogni provvedimento, tipico o meno, che potesse avvantaggiare Gaetano Cappellano Seminara”, l’avvocato ritenuto il ‘re degli amministratori giudiziari’, condannato a sette anni e mezzo.
(Di Elvira Terranova)