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    Caso Orlandi, Calenda deposita ddl per Commissione: “Fare luce su ostacoli a verità”

    (Adnkronos) – Carlo Calenda ha depositato in Senato il disegno di legge per la ‘Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul caso di Emanuela Orlandi’. Una mossa che nelle scorse settimane il leader di Azione aveva annunciato, spiegando in conferenza stampa alla Camera – era il 20 dicembre – che una Bicamerale di inchiesta “è un atto doveroso”. Nel testo depositato a palazzo Madama lo scorso 26 gennaio, visionato dall’Adnkronos (a firma anche dei senatori Paita, Gelmini, Scalfarotto, Lombardo, Sbrollini, Versace, Fregolent), si parla di “un caso di una verità nascosta anche da chi avrebbe potuto svelarla e di una giustizia negata anche da chi avrebbe dovuto pretenderla”.  

    “Non c’è alcun dubbio che Emanuela sia stata vittima di un delitto. Certamente di un sequestro, quasi sicuramente di un omicidio. Altrettanto indubitabile è che ci sia stato e ancora ci sia chi di questo delitto e del suo (o dei suoi) mandanti sa molto di più di quanto è stato finora raccontato”, si legge nel testo introduttivo alla norma. 

    “Pochi giorni fa il promotore della giustizia vaticana ha deciso di riaprire le indagini sul caso ed è probabile che questa decisione rifletta anche l’attenzione che una fortunata serie televisiva sulla scomparsa di Emanuela Orlandi ha risvegliato nell’opinione pubblica e la necessità di dissociarsi dalle responsabilità di chi in passato ha lavorato perché la rete dei misteri si infittisse – scrivono i proponenti del terzo Polo – . Si tratta, in ogni caso, di una scelta e di una notizia molto positiva. Il Vaticano non considera questo un ‘caso chiuso’ e non deve farlo neppure l’Italia, dove tutte le indagini giudiziarie aperte finora si sono concluse con un nulla di fatto”.  

    Il testo del disegno di legge si articola in sei punti. Tra gli obiettivi quello di “verificare, attraverso l’esame degli atti investigativi e giudiziari e l’acquisizione di documenti e testimonianze, gli ostacoli che sono stati opposti all’attività di indagine e all’accertamento della verità e della responsabilità dei fatti”. La Commissione “è composta da venti senatori e da venti deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione alla consistenza dei gruppi parlamentari”, come si legge all’art. 2. E “conclude i propri lavori entro dodici mesi dalla costituzione, presentando al Parlamento una relazione sull’attività svolta e sui risultati dell’inchiesta”. 

    Si prevede che “Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, d’intesa tra loro, forniscono il personale, i locali e gli strumenti necessari per l’attività della Commissione”, inoltre la “Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica”. Le riunioni della Commissione “sono pubbliche. Quando lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta”.  

    Relativamente all’attività di inchiesta (art.3) “la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell’autorità giudiziaria”. Alla “Commissione, limitatamente all’oggetto delle indagini di sua competenza, non può essere opposto il segreto di Stato, né il segreto d’ufficio”.  

    Ma come previsto dall’art. 4 (obbligo del segreto) i componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti vengono a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto, anche dopo la cessazione dell’incarico, per quanto riguarda gli atti e i documenti coperti da segreto o di cui la Commissione abbia deliberato il divieto di divulgazione.  

    Infine “le spese di funzionamento della Commissione, stabilite in euro 200.000, sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati”.