Il caso Navalny, il principale oppositore di Vladimir Putin avvelenato in agosto, è ormai un caso internazionale. Ieri gli Stati Uniti hanno ufficialmente accusato sette alti funzionari russi, molto vicini a Putin, per l’avvelenamento di Navalny e annunciato sanzioni “in stretta collaborazione con l’Ue”. “La comunità dell’intelligence stima con un alto grado di fiducia che responsabili dei servizi di sicurezza russi (Fsb) abbiano utilizzato un agente nervino, conosciuto come Novichock, per avvelenare l’oppositore russo Alexej Navalny il 20 agosto 2020”, ha spiegato un dirigente americano protetto dall’anonimato.
Non si è fatta attendere la risposta di Mosca. “Risponderemo in base al principio di reciprocità – ha detto Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo – ma la reazione non sarà necessariamente simmetrica“. Anche la Cina si schiera dalla parte del Cremlino, segnale di un clima internazionale teso e polarizzato in blocchi contrapposti. “Il caso Navalny fa interamente parte degli affari interni della Russia – ha comunicato Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri – le forze esterne non hanno alcun diritto di interferire”.
Dal canto suo Washington ha rinnovato l’appello per “la liberazione immediata e senza condizioni” di Navalny (condannato a tre anni e mezzo di carcere). “Non cerchiamo né un reset né una escalation – ha fatto sapere Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca – ma non esiteremo a rispondere ad ogni azione destabilizzante della Russia”.
Mario Bonito