La pressione positiva continua delle vie aeree (Cpap) erogata tramite scafandro – quel casco trasparente che in era pandemica è diventato uno degli strumenti principali per il trattamento dell’insufficienza respiratoria acuta legata a Covid-19 – può ridurre il rischio per le donne incinte di finire intubate. E’ quanto emerge da uno studio italiano che ha arruolato 41 donne in gravidanza ricoverate per polmonite da Sars-CoV-2 all’ospedale San Gerardo di Monza tra marzo 2020 e marzo 2021. La Cpap è stata applicata nei casi di insufficienza respiratoria moderata-severa.
Gli esperti hanno voluto approfondire l’applicazione della tecnica in questa categoria di pazienti poiché l’esperienza era finora “molto scarsa”, spiegano gli autori del lavoro che è stato pubblicato sulla rivista ‘Plos One’. Il lavoro congiunto di Pneumologia e Terapia intensiva dell’Asst Monza con l’Ostetricia della Fondazione Monza e Brianza per il bambino e la sua mamma (Mbbm) ha permesso di estendere casistica e risultati, “con esiti positivi”. Lo studio mira a descrivere la storia naturale e l’esito dell’insufficienza respiratoria in una coorte di donne in gravidanza con polmonite da Sars-CoV-2, concentrandosi sull’efficacia e sicurezza dell’applicazione della Cpap e sui fattori di rischio associati al peggioramento dell’insufficienza respiratoria stessa.
Nella coorte di pazienti arruolate nello studio, il 66% ha mostrato necessità di ossigenoterapia e il 24% ha richiesto l’applicazione della Cpap tramite casco. Nelle 10 paziente che hanno effettuato Cpap si è osservato “un significativo miglioramento dell’ossigenazione e il presidio è stato ben tollerato in tutti i casi senza eventi avversi”.