Una sentenza nella capitale molto attesa, quella risuonata poco fa all’interno dell’aula bunker di Rebibbia dove, confermando l’impianto accusatorio, ed accogliendo – su quattro posizioni – il ricorso della procura, e riconoscendo il 416bis (escludendo però l’aggravante di essere un’associazione armata), i giudici della Corte d’Appello di Roma hanno confermato l’accusa di mafia per il clan Casamonica.
Una sentenza giunta dopo quasi 7 ore di camera di consiglio, chiamata a ragionare sulle accuse formulate nel corso del maxiprocesso dal sostituto procuratore generale Francesco Mollace. Senza contare poi anche il gran lavoro svolto dai pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani – applicati nel procedimento – i quali, nell’ambito della loro requisitoria avevano allo stesso modo ribadito le accuse mosse al temuto clan: dall’associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all’estorsione, l’usura alla detenzione illegale di armi.
Come ha avuto più volte di ribattere Mollace nel corso delle precedenti udienze, “L’indagine della procura di Roma ha posto fine allo strapotere dei Casamonica. Un clan da anni a braccetto con Banda della Magliana e poteri forti della capitale“. Dal canto suo invece, il pm Musarò aveva descritto “ Un clan con una forza di intimidazione impressionante. La ‘galassia’ Casamonica è quella peculiare struttura dell’organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c’è ‘bisogno’”.
Ricordiamo che, il 20 settembre dello scorso anno, in primo grado erano state comminate qualcosa come 44 condanne per oltre 400 anni carcere. Commentando quindi la sentenza d’Appello, giunta oggi, il sostituto procuratore generale di Roma ha commentato che “E’ una sentenza equilibrata. Sono state escluse alcune aggravanti e altre confermate, è stata confermata l’impostazione accusatoria. La procura di Roma ha svolto un gran lavoro e questo è un grande risultato”. Soprattutto, ha tenut a rimarcare Mollace, parlimao di una “Una sentenza che si incanala nel solco di altre sentenze come quelle sui clan Spada, Fasciani, Gambacurta che hanno riconosciuto l’esistenza della mafia nel territorio laziale”.
Questo articolato maxi processo, ricordiamo, è frutto dell’operazione ‘Gramigna’ (coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Prestipino, e dai sostituti procuratori Musarò e Luciani), nell’ambito della quale, sono stati eseguiti numerosi arresti, da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Roma.
Max