Caos Venezuela: duello Guaidò – Maduro

Sempre più controversa e delicata la situazione politica in Venezuela, laddove Guaidó si è autoproclamato come nuovo leader politico nazionale e Maduro invece s’appella a popolo e militari attraverso un discorso pubblico dal proprio balcone. La comunità politica internazionale è spaccata. C’è chi sostiene Maduro e c’è chi appoggia Guaidò, mentre dal balcone del palazzo presidenziale di Caracas lo stesso Maduro ha chiamato a rapporto i suoi: “Siamo la maggioranza, siamo il popolo di Hugo Chavez. Siamo in questo palazzo per volontà popolare, soltanto la gente ci può portare via”. In seguito, Maduro ha intimato ai diplomatici americani di lasciare il Paese entro 72 ore.
Nel frattempo Donald Trump è stato il primo a riconoscere Guaidó come capo dello Stato. “Non consideriamo nulla, ma tutte le opzioni sono sul tavolo”, ha dichiarato ai giornalisti alla Casa Bianca sul casoVenezuela.
Il segretario di Stato Mike Pompeo in merito alla cacciata dei diplomatici è stato veeemnte: gli Usa non ritireranno i propri diplomatici da Caracas, come chiesto da Maduro perché non lo riconoscono come legittimo presidente e quindi “non considerano che abbia l’autorità legale per rompere le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti o dichiarare persona non grata i diplomatici” americani. Pompeo ha poi minacciato ritorsioni: “Chiediamo a tutte le parti di astenersi da misure non coerenti con i privilegi e l’immunità previsti per la comunità diplomatica. Gli Usa intraprenderanno i passi appropriati per rendere responsabile chiunque metta a rischio la sicurezza della nostra missione e del nostro personale”.
Mettendosi accanto alla diplomazia americana, sono arrivati tanti altri riconoscimenti per Guaidò: in particolare da parte di Canada, Argentina, Brasile, Perù, Ecuador, Costa Rica, Paraguay e Messico. Il Brasile ha poi anche chiarito che non parteciperà né appoggerà un intervento militare in Venezuela. Parola del vicepresidente brasiliano Hamilton Mourao: “Il Brasile non parteciperà in nessun intervento, non fa parte della nostra politica esterna l’intervenire nelle questioni interne di altri paesi”.