Inizia il conto alla rovescia per il referendum che vuole rendere la cannabis legale. Le firme raccolte, ricorda laleggepertutti.it, hanno ormai superato il quorum di 500mila necessario per passare alle fasi successive del complesso iter per arrivare al voto. L’obiettivo è stato raggiunto velocemente – è bastata una settimana – visto che adesso è possibile sottoscrivere la proposta online, autenticandosi con lo Spid e apponendo la firma digitale (fino allo scorso anno le sottoscrizioni potevano essere raccolte solo manualmente).
Ora, l’iter prosegue con i successivi passaggi: le firme e il quesito referendario devono essere validati dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione e, in caso positivo, sarà indetto il referendum per la legalizzazione della cannabis, che interpellerà tutti i cittadini chiamati a votare su questo importante tema. Se il referendum sarà ritenuto ammissibile e si arriverà alle urne, si aprirà una breccia, e ci sarà uno squarcio verso il permissivismo? La droga diventerà legale, come temono alcuni e come invece auspicano altri? Vediamo cosa succederà con il referendum per rendere la cannabis legale, come è formulato il quesito, cosa prevede davvero e quale sarà il suo impatto sull’attuale legislazione: in questo modo, capirai cosa si potrà fare e cosa, invece, resterà vietato.
Sul sito referendumcannabis.it, dove è possibile firmare online, nel disclaimer in prima pagina si legge che “il referendum elimina il reato di coltivazione, rimuove le pene detentive per qualsiasi condotta legata alla cannabis e cancella la sanzione amministrativa del ritiro della patente”. Questa sanzione è prevista non solo per chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (e ad oggi la cannabis è considerata tale), ma è anche disposta in tutti i casi di detenzione, dunque si applica anche quando la condotta non costituisce reato e la sostanza è destinata esclusivamente all’uso personale. Il referendum incide solo su quest’ultimo aspetto, non sul primo, quindi il conducente drogato rimane punibile; ma procediamo con ordine. Il quesito referendario già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, e che dunque costituisce la base di riferimento se si andrà a votare, incide sui seguenti tre aspetti:
– abolisce il reato di coltivazione di cannabis, attualmente previsto dal Testo Unico sugli stupefacenti (tecnicamente ciò avviene eliminando la parola «coltiva» dall’elenco delle condotte vietate);
– cancella le pene detentive previste per questa condotta, che oggi consistono nella reclusione da due a sei anni;
– elimina la sospensione e il ritiro della patente di guida (o il divieto di conseguirla) per chi coltiva cannabis, ma non per chi si mette al volante sotto l’uso di tale sostanza.
È importante considerare che il quesito è stato formulato in maniera unitaria, cioè le tre domande proposte (e che nella scheda di voto saranno precedute dalla formula, rivolta ai cittadini: ‘Volete voi abrogare….?’) sono “in blocco”; quindi, non sarà possibile votare in maniera disgiunta, cioè in modo favorevole ad alcune e contrario ad altre; tutto ciò a meno che la Corte Costituzionale ne ammetta solo alcune tra quelle proposte e che ti abbiamo indicato: in tal caso, il quesito sarà ridotto e il voto riguarderà solo esse.
Il referendum è uno strumento di democrazia diretta, cioè un’iniziativa legislativa che viene esercitata direttamente dal popolo senza il tramite dei suoi rappresentanti in Parlamento. Il referendum indetto per rendere la cannabis legale è di tipo abrogativo, cioè – come previsto dalla Costituzione [5] – interviene per eliminare una norma di legge esistente. Oltre al referendum abrogativo, gli altri due possibili tipi di referendum di iniziativa popolare – che non vengono in rilievo in questo caso – sono:
– il referendum costituzionale, per la ratifica di leggi dopo l’approvazione del Parlamento ed entro tre mesi dalla pubblicazione: ad esempio, quello del 2016 sull’abolizione del Senato, che fu respinta dai cittadini;
– il referendum territoriale, per creare nuove Regioni o per cambiarne le circoscrizioni con il passaggio di Province o Comuni dall’una all’altra.
Al referendum possono partecipare tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati, dunque chiunque abbia compiuto i 18 anni di età salve particolari esclusioni (leggi qui quali sono i requisiti necessari per votare).
Le condizioni per arrivare all’indizione e all’espletamento di un referendum abrogativo come quello per rendere la cannabis legale sono previste da una legge costituzionale che stabilisce:
– il raggiungimento di un quorum di validità, cioè la partecipazione alla votazione della maggioranza degli aventi diritto al voto;
– il raggiungimento del quorum deliberativo, che è quello necessario per l’abrogazione: deve esserci la maggioranza dei voti validamente espressi.
Ma prima di arrivare alle urne c’è una precisa procedura da seguire. Nel dettaglio, i passaggi richiesti sono i seguenti:
– una proposta referendaria avanzata da almeno 500mila cittadini (o da 5 Consigli regionali) e, come abbiamo visto, questa condizione per il referendum sulla legalizzazione della cannabis si è già realizzata;
– un controllo, di natura formale, svolto dall’Ufficio centrale per i referendum istituito presso la Corte di Cassazione, per accertare se la legge di cui si richiede l’abrogazione è tuttora valida, se la raccolta delle sottoscrizioni si è svolta in modo legittimo e se il numero dei firmatari raggiunto è sufficiente;
– una pronuncia favorevole della Corte Costituzionale sull’ammissibilità del referendum: la Consulta verifica che il quesito non sia relativo a una legge per cui il referendum non è praticabile [7], come le leggi tributarie e di bilancio o quelle di amnistia o di indulto, e che la domanda rivolta ai cittadini sia formulata in modo chiaro e comprensibile.
Se il referendum viene ammesso, il voto può svolgersi nel periodo dell’anno che va dal 15 aprile al 15 giugno. Se i cittadini si esprimono in maggioranza per l’abrogazione, la legge dovrà essere subito “amputata” della parte indicata nel quesito referendario e che i cittadini hanno voluto eliminare: il Presidente della Repubblica dovrà dichiarare con un decreto l’avvenuta abrogazione (potrebbe rinviare l’efficacia abrogativa fino a un massimo di 60 giorni, per dare tempo alle Camere di provvedere su eventuali lacune prodotte dal vuoto normativo); da quel momento, la disposizione abrogata non avrà più vigore.
Per il futuro, il Parlamento è vincolato politicamente da questa espressione di volontà popolare, e non potrebbe, ad esempio, approvare di nuovo, dopo poco tempo, una legge contenente la medesima disposizione abrogata con il referendum. Se invece il quorum non viene raggiunto, il Parlamento rimane libero di legiferare anche prescindendo dai voti espressi dai cittadini. Infine, se il referendum ha avuto esito negativo ed il quesito è stato respinto, non potrà esserci una nuova consultazione popolare sul medesimo tema per i cinque anni successivi.
Il referendum sulla cannabis legale interviene contemporaneamente su due diversi fronti:
– sul piano penale, eliminando il delitto di coltivazione illecita di questa pianta e le correlative sanzioni detentive: in pratica, questa condotta sarà depenalizzata e chi coltiva piante di marijuana non andrà più in carcere; ma dovrà farlo solo per sé, per il proprio consumo personale, in quanto la coltivazione a fini di spaccio rimane punibile;
– sul versante amministrativo, ma solo eliminando la sanzione accessoria della sospensione della patente per chi detiene cannabis, o sostanze assimilate, per il proprio consumo personale, senza finalità di cessione a terzi.
Quindi si può dire che, se il referendum passerà, chi avrà una coltivazione di piccole dimensioni, con poche piante di marijuana sul balcone o nel giardino, non commetterà alcun reato, diversamente da chi, ad esempio, ha una grossa serra o un ampio terreno (perché in tali casi il quantitativo prodotto esorbita da quello necessario per l’uso personale). Inoltre, sul versante penale, un’importante eccezione alla depenalizzazione è data dal fatto che rimarrà reato l’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di cannabis, perché la relativa norma penale non è toccata dal referendum.
Il referendum non espunge la cannabis e i suoi derivati dal novero delle attuali sostanze indicate come proibite nella tabella ministeriale, periodicamente aggiornata, su cui si appoggia la legge penale [9]: l’elencazione di queste droghe rimane inalterata, ma se il referendum sarà approvato non sarà più punibile la loro coltivazione (invece le altre attività in relazione a queste sostanze, come la fabbricazione, il traffico e la cessione rimangono sempre reato, come vedremo a breve).
Un problema potrebbe ravvisarsi nel fatto che la lista attuale comprende, precisamente, non solo i comuni derivati della cannabis e i loro principi attivi (come il Delta-8-trans-tetraidrocannabinolo e il Delta-9-trans-tetraidrocannabinolo, dette comunemente “Thc”), ma anche altre sostanze stupefacenti, come l’oppio, le foglie di coca e, in generale, «ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica psichica dello stesso ordine o di ordine superiore» e «ogni altra pianta o sostanza naturale o sintetica che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso centrale».
Da qui alcuni commentatori ostili alla riforma intravedono un pericolo: il quesito referendario avrebbe l’effetto di depenalizzare la coltivazione di altre piante e vegetali contenenti sostanze stupefacenti, come la coca o i funghi allucinogeni. La questione è ancora aperta.
A fronte delle perplessità avanzate da alcuni oppositori, i promotori del referendum hanno risposto alla domanda: “Così si legalizzano tutte le droghe?” spiegando che “le fattispecie di produzione, fabbricazione e detenzione illecita rimangono e possono essere applicate anche al coltivatore che produce a fini di spaccio” e chiariscono che – diversamente dalla cannabis – tutte le altre sostanze stupefacenti indicate nella tabella che ti abbiamo richiamato “richiedono necessariamente passaggi successivi affinché la sostanza possa essere consumata”.
Perciò, queste attività di coltivazione restano illecite (al pari di tutte le altre forme di produzione, ad esempio chimica o sintetica) e continueranno ad essere punibili penalmente anche in caso di esito positivo del referendum. D’altronde, il referendum non tocca – e quindi mantiene – l’altra norma del Testo unico sugli stupefacenti che dispone il divieto di fabbricazione o produzione illecita di stupefacenti non destinati all’uso personale senza autorizzazione (quella che può essere rilasciata nel caso della cannabis terapeutica, che pertanto è già legale). Possiamo quindi dire che, in base al referendum, la coltivazione non sarà più reato soltanto quando è diretta al consumo personale del coltivatore stesso.
Sul versante amministrativo che riguarda la sospensione della patente per uso di cannabis occorre un approfondimento: come abbiamo visto, il referendum sulla cannabis legale propone di eliminare la sospensione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida che oggi è prevista per chi «detiene sostanze stupefacenti o psicotrope» o ne fa «uso personale». Questo significa che le altre sanzioni amministrative, come la sospensione del passaporto o del porto d’ami, rimarranno applicabili: infatti, i promotori del referendum spiegano sul sito che la scelta di limitare l’abrogazione alla sola sospensione della patente è «legata ad una valutazione tecnico-pratica», in quanto:
– il referendum non deve intervenire su norme derivanti da obblighi internazionali (come quelle dell’Unione Europea, che prevedono che la detenzione di cannabis sia soggetta ad alcune sanzioni amministrative), altrimenti non potrebbe essere dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale;
– tra le varie sanzioni attualmente previste, la sospensione della patente «è quella che maggiormente incide sulle abitudini delle persone, comportando serie complicazioni anche per le attività quotidiane, come ad esempio recarsi a lavoro»; dunque, si è deciso di intervenire solo su di essa.
Rimangono, invece, inalterate le sanzioni, sia penali sia amministrative, previste dal Codice della strada per chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti di qualsiasi tipo, compresa la cannabis e i suoi derivati (ad esempio, chi “si fa una canna” e poi si mette al volante): questa condotta continuerà ad essere reato, punito con l’arresto da 6 mesi ad un anno e con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro, e con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a due anni.
La nuova legge che depenalizza la coltivazione domestica può bloccare il referendum?
Il quesito referendario ha un oggetto analogo e simile a quello contenuto in una proposta di legge già approvata, nel testo base, in Commissione parlamentare Giustizia. Te ne abbiamo parlato nel nostro recente articolo “Cannabis: con la nuova legge si potrà coltivare in casa”.
Questa proposta, che sta muovendo i primi passi del suo cammino parlamentare, punta a depenalizzare la coltivazione domestica di piccole quantità di cannabis, quando avviene per uso personale e il numero di piante non è superiore a quattro. Ma essa potrebbe interferire con il prossimo referendum sulla legalizzazione integrale? In teoria sì, perché se il Parlamento dovesse caducare nei prossimi mesi la norma attuale, che prevede ancora la coltivazione come reato, il referendum non sarebbe più esperibile, in quanto la norma da abrogare sarebbe già stata eliminata, o comunque modificata in modo rilevante, dal legislatore. In pratica, però, è alquanto improbabile che ciò accada, perché:
si tratta di un disegno di legge finora votato solo in un ambito ristretto, quale è la Commissione parlamentare in materia, e non ancora dall’Aula di Montecitorio (Camera dei deputati) e di Palazzo Madama (Senato);
è una “proposta aperta” in quanto si tratta di un testo base, come tale non vincolante e immodificabile, bensì per sua natura soggetto a una serie di emendamenti correttivi che potranno essere proposti – e con ogni probabilità lo saranno – da deputati e senatori (e tali modifiche richiederanno un nuovo voto parlamentare);
manca un accordo unanime tra le forze politiche per l’approvazione: attualmente, il provvedimento ha il voto favorevole di Pd, M5S, Leu e +Europa, mentre Italia Viva si è astenuta e quasi tutto il centrodestra si è dichiarato contrario, quindi potrebbero non esserci i numeri sufficienti per approvarlo in via definitiva;
finora, il disegno di legge non ha ottenuto priorità e, dunque, verrà esaminato secondo il normale calendario dei lavori parlamentari, senza nessuna scorciatoia; quindi, con ogni probabilità l’iter referendario si completerà prima che la nuova legge venga varata dal Parlamento.