“Un importante passo avanti verso la personalizzazione della terapia nel tumore al seno metastatico Brca-mutato”. Così gli esperti annunciano la disponibilità anche in Italia, dopo l’autorizzazione alla rimborsabilità da parte dell’Agenzia del farmaco Aifa, di talazoparib (Talzenna*, Pfizer) in monoterapia per il trattamento del carcinoma mammario Her2-negativo, localmente avanzato o metastatico, con mutazioni germinali Brca1/2. Il farmaco, orale, appartenente alla classe dei Parp-inibitori, si è dimostrato in grado di dimezzare il rischio di progressione della malattia e di migliorare la qualità. Come da indicazione europea, per riceverlo i pazienti devono essere stati precedentemente trattati con un’antraciclina e/o un taxano nel contesto neoadiuvante, localmente avanzato o metastatico, e i pazienti con carcinoma mammario positivo ai recettori ormonali (Hr) devono essere stati precedentemente trattati con terapia endocrina o ritenuti non idonei alla stessa.
“Gli enzimi Parp hanno il compito di riparare i danni al Dna – spiega Lucia Del Mastro, direttore Clinica Oncologia medica e coordinatore Breast Unit Policlinico San Martino, università di Genova – Anche le proteine Brca1 e 2 regolano la riparazione del Dna, che però è carente nelle pazienti con mutazione Brca. Quando le cellule tumorali vengono esposte a sostanze che bloccano il meccanismo legato ai Parp, non sono più in grado di riparare in alcun modo i danni del Dna e questo ne blocca la crescita e le conduce a morte. Tale meccanismo spiega perché gli inibitori di Parp sono efficaci e vengono utilizzati solo in tumori Brca mutati. Talazoparib rappresenta una nuova, importante e specifica strategia terapeutica mirata per i tumori al seno Brca mutati, che prima della disponibilità degli inibitori Parp venivano trattati solo con chemioterapia o con terapia ormonale nel caso fossero presenti i recettori per gli ormoni”.
In Italia – ricorda una nota – ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 50mila donne, il 15% delle quali diventeranno metastatiche o saranno già metastatiche alla diagnosi. Oggi almeno 37mila convivono con una diagnosi di carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico, e nel 10% dei casi il tumore esprime una mutazione della linea germinale del gene Brca trasmesso per via ereditaria. “L’accesso al test Brca è disponibile su tutto il territorio nazionale e il suo rimborso per i pazienti oncologici che possono avere le mutazioni è garantito – sottolinea Saverio Cinieri, direttore Oncologia medica e responsabile Breast Unit del presidio ospedaliero ‘San Antonio Perrino’ di Brindisi, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica Aiom – Per decidere a quali donne, o uomini, proporre il test Brca, esistono linee guida e raccomandazioni emanate da Aiom e pubblicate sul sito www.aiom.it”.
L’approvazione di talazoparib – ricorda Pfizer – si basa sui risultati dello studio di fase 3 Embraca, che ha messo a confronto talazoparib con chemioterapia standard (capecitabina, eribulina, gemcitabina, vinorelbina) ed è stato condotto su 431 pazienti affetti da carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico Her2-negativo con mutazione germinale Brca, precedentemente trattati con non più di 3 regimi chemioterapici citotossici per la terapia del carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico. Non erano ammessi trattamenti precedenti con Parp-inibitori. E’ risultato che, a 12 mesi dall’inizio della terapia, la malattia non ha mostrato progressione in circa il 40% dei pazienti trattati con talazoparib rispetto al 20% dei pazienti trattati con chemio, con una riduzione del rischio di progressione di circa il 50%. Un dimezzamento, appunto.
L’efficacia del farmaco è stata osservata sia nel sottogruppo di pazienti con tumore triplo negativo sia nel sottogruppo con tumore con recettori ormonali positivi, così come nel sottogruppo non pretrattato o pretrattato con chemioterapia. Inoltre, una riduzione delle lesioni tumorali è stata vista nel 63% dei pazienti trattati con talazoparib rispetto al 27% di quelli che hanno ricevuto chemio standard. Infine, il trattamento con talazoparib ha determinato un significativo miglioramento, rispetto alla chemioterapia, dello stato di salute globale e della qualità di vita.
“Pfizer continua a fornire soluzioni volte a rispondere ai bisogni terapeutici delle pazienti affette da tumore al seno metastatico con talazoparib, questa volta focalizzandosi su una sottopopolazione a minore incidenza – afferma Alberto Stanzione, direttore Oncologia dell’azienda Usa in Italia – I tumori al seno non sono infatti tutti uguali. Ognuno ha le proprie caratteristiche, sia a livello di espressione dei recettori sia a livello di mutazioni nei geni Brca. Ad oggi si calcola che circa il 10% dei tumori al seno presenti questo tipo di mutazioni. Ed è proprio in questi casi che la malattia si presenta in forma aggressiva già in giovane età. Non solo, sono proprio questi tumori ad avere maggiori probabilità di recidiva. Con talazoparib Pfizer si è impegnata quindi a fare di più per queste pazienti, sviluppando una soluzione che non solo potesse offrire un beneficio clinico in termini di efficacia, ma fosse volta anche a migliorare la maneggevolezza della terapia e la qualità di vita di queste donne”.