(Adnkronos) –
Nuova terapia per il cancro al polmone con mutazione Egfr in stadio precoce ha raggiunto una sopravvivenza senza precedenti nella malattia con l’88% dei pazienti vivo a cinque anni. I risultati positivi dello studio di fase III Adaura hanno mostrato che osimertinib, questo il nome del farmaco sviluppato da AstraZeneca, ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale rispetto a placebo, nel trattamento adiuvante del carcinoma polmonare non a piccole cellule (Nsclc) in stadio precoce (IB, II e III A) che presenta mutazioni del recettore del fattore di crescita epidermico (Egfr), a seguito di resezione radicale. Sono questi i risultati illustrati oggi al Congresso annuale 2023 della Società americana di oncologia clinica (Asco) e pubblicati contemporaneamente sulla rivista The New England Journal of Medicine.
Osimertinib – si legge in una nota – ha ridotto il rischio di morte del 51% rispetto a placebo, sia nella popolazione dell’analisi primaria (stadio II-IIIA) che nella popolazione complessiva dello studio (Stadio IB-IIIA). Nella popolazione dell’analisi primaria, l’85% dei pazienti trattati con osimertinib è vivo a cinque anni rispetto al 73% dei pazienti trattati con placebo. Nella popolazione complessiva dello studio, l’88% dei pazienti trattati con osimertinib è vivo a cinque anni, rispetto al 78% di quelli trattati con placebo. La sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta sia nel braccio sperimentale che nel gruppo di controllo. I pazienti trattati con placebo che hanno sviluppato malattia metastatica hanno avuto l’opportunità di ricevere osimertinib come trattamento successivo.
“Negli stadi precoci di malattia l’intento del trattamento è curativo – spiega Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e Principal Investigator dello studio Adaura per l’Italia – La tradizionale chemioterapia non riesce a impattare in maniera significativa sulla diminuzione del rischio di recidiva di malattia locale o a distanza in percentuali superiori al 5%. Questi nuovi risultati dello studio Adaura dimostrano che quasi il 90% dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio iniziale trattati con Osimertinib è vivo a 5 anni, con una riduzione del rischio di morte del 51%. La rilevanza di questi dati è senza precedenti: osimertinib è il primo inibitore tirosino-chinasico dell’Egfr a dimostrare un beneficio in sopravvivenza complessiva nel setting adiuvante nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule Egfr mutato e sottoposti a chirurgia radicale. Risultati ancora più importanti se consideriamo che, nella malattia operabile, la sopravvivenza a 5 anni diminuisce dal 73% nello stadio IB fino al 41% nel IIIA. Il beneficio di osimertinib si estende a tutti i sottogruppi di pazienti. Infatti, negli stadi II-IIIA la sopravvivenza a 5 anni ha raggiunto l’85%. I risultati di Adaura rinforzano ulteriormente il beneficio di osimertinib quale standard di cura dopo la chirurgia nei pazienti con malattia in stadio precoce e positivi alla mutazione di Egfr”.
“Nel 2022, in Italia, sono stati stimati quasi 44mila nuovi casi di carcinoma polmonare – afferma Saverio Cinieri, presidente Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) -. Circa il 30% dei pazienti colpiti dalla forma non a piccole cellule riceve una diagnosi di malattia abbastanza precocemente da poter essere sottoposto a intervento chirurgico con intento radicale. Ciononostante, la recidiva è ancora frequente nel tumore agli stadi iniziali. Per questa ragione accogliamo positivamente i risultati dello studio Adaura, a conferma ulteriore dei grandi progressi che sta compiendo la ricerca in oncologia. È importante il ruolo rivestito da terapie mirate ed efficaci come osimertinib che portano di fatto a un miglioramento del percorso terapeutico del paziente e aumentano le possibilità di sopravvivenza a lungo termine”.
“La chirurgia rimuove il carcinoma e taglia al livello macroscopico, ma non riesce a incidere su quello microscopico – sottolinea de Marinis -. Resta, cioè, un ‘microscopico invisibile’ rappresentato dalle micrometastasi, che si muovono nel sangue e nella linfa e incidono sulla ricaduta locale o a distanza della malattia nel tempo. Circa la metà dei pazienti con tumore di stadio I-II e tre quarti dei pazienti di stadio III presentano una recidiva a cinque anni dall’intervento. La disponibilità di osimertinib rende necessario eseguire, in tutti i pazienti operati, l’esame molecolare per verificare l’alterazione del gene Egfr, perché così possiamo individuare i pazienti candidabili alla terapia mirata”.
Alla precedente analisi della sopravvivenza libera da malattia – prosegue la nota – tutti i pazienti avevano completato o interrotto il trattamento. La sicurezza e tollerabilità di osimertinib al follow-up esteso è risultata in linea con il profilo consolidato e con le analisi precedenti, senza nuove segnalazioni di sicurezza. Gli eventi avversi di Grado ≥3 per tutte le cause si sono verificati nel 23% dei pazienti nel braccio con osimertinib rispetto al 14% in quello con placebo.
Il tumore del polmone è la causa principale di morte per cancro tra gli uomini e le donne, e rappresenta circa un quinto di tutti i decessi per cancro. Il tumore del polmone si suddivide in Nsclc e tumore del polmone a piccole cellule. Si stima che ogni anno, a livello globale – conclude la nota – 2,2 milioni di persone ricevano una diagnosi di tumore al polmone, di cui l’80-85% classificato come Nsclc, la tipologia più comune. La maggior parte dei pazienti con Nsclc presenta una diagnosi di malattia avanzata, mentre circa il 25-30% presenta malattia resecabile alla diagnosi. Le diagnosi di cancro al polmone in fase iniziale vengono spesso rilevate solo quando il cancro viene identificato mediante indagini radiologiche effettuate per altre condizioni non correlate. La maggior parte dei pazienti con tumore resecabile sviluppa una recidiva nonostante la resezione completa del tumore e la chemioterapia adiuvante. Inoltre, solo il 73% dei pazienti in Stadio IB e il 56-65% di quelli in Stadio II sopravvive a cinque anni. La percentuale scende al 41% nei pazienti in Stadio IIIA, il che dimostra una elevata necessità medica insoddisfatta.