(Adnkronos) –
Massima attenzione alla salute dei cittadini, allo sviluppo di una maggiore consapevolezza e conoscenza delle opportunità
oggi offerte alle famiglie con una mutazione Brca 1 e 2: sono questi alcuni dei principali obiettivi della Regione Veneto emersi ieri durante un incontro per sensibilizzare e promuovere il valore della medicina di precisione e dei test diagnostici, organizzato a Palazzo Ferro-Fini a Venezia su iniziativa del consigliere Lucas Pavanetto e di Fb & Associati. Obiettivo del tavolo di lavoro con istituzioni, oncologi e associazioni pazienti – si legge in una nota – far emergere le eccellenze e i nodi ancora da sciogliere in Veneto in tema di prevenzione e presa in carico nelle persone affette da tumore alla mammella con mutazione dei geni Brca 1 e 2 ed elaborare un documento sul valore della medicina di precisione e dei test diagnostici nelle persone affette da questa patologia oncologica. All’incontro sono intervenuti, oltre Pavanetto, i senatori Ylenia Zambito e Ignazio Zullo (X Commissione del Senato) e la deputata Marina Marchetto Aliprandi (XIII Commissione della Camera).
“Fondamentale, per combattere la malattia, è la diagnosi precoce, a iniziare dall’autopalpazione del seno e dalla visita medica, fino all’effettuazione di un approfondito screening mammografico – dichiara Pavanetto, membro V Commissione Sanità del Consiglio regionale del Veneto – A tal fine, è indispensabile fare comunicazione per far partecipare le persone agli screening organizzati, nonché procedere verso un potenziamento dei servizi, cosa a cui la Regione sta lavorando costantemente”.
Nel corso della conferenza ampio spazio alla promozione di un accesso equo ai test. “L’evoluzione terapeutica oggi consente terapie personalizzate sulla base della mutazione genetica dei pazienti – sottolinea Marco Montagna, responsabile Uo Tumori eredofamiliari mammella e ovaio dell’Istituto oncologico Veneto Irccs di Padova – Il numero dei test effettuati per l’individuazione dei geni mutati a scopo terapeutico è aumentato notevolmente nel corso degli ultimi anni, rendendo, in quanto prioritari perché necessari per il trattamento del paziente, più difficile per i laboratori eseguire tutti i test necessari. Il rischio, senza un’adeguata implementazione delle risorse umane nei laboratori, è che le richieste urgenti penalizzino i test legati alla prevenzione all’interno delle famiglie a rischio”.
Necessario procedere a una rimodulazione dell’approccio – è emerso dal dibattito – per intercettare chi è portatore della mutazione senza saperlo. Un costo, quello del test genetico ampliato in base alle nuove conoscenze e dell’aumento del personale nei laboratori, che richiede indubbiamente un investimento economico importante a breve termine, ma che rappresenta un risparmio a lungo termine rispetto a un possibile sviluppo di malattia nelle famiglie a rischio negli anni successivi. Aiuterebbe a intercettare i casi nascosti – hanno ribadito gli esperti – anche una maggiore attenzione ai pazienti affetti da neoplasie quali il tumore al pancreas o alla prostata che in una percentuale limitata, possono avere origine da una mutazione Brca 1 oppure Brca 2.
“I soggetti con tali patologie possono costituire dei ‘casi indice’ attraverso i quali poter individuare le famiglie a rischio con portatori sani di una mutazione Brca, da sottoporre a programmi personalizzati di screening – sostiene Pierfranco Conte, direttore scientifico S. Camillo Hospital – Irccs, Senior professor in Oncologia Università di Padova – La Regione Veneto oramai da anni garantisce anche ai familiari con mutazione Brca, ma senza neoplasia, dei percorsi di follow-up adeguati. Questo modello andrebbe esteso anche alle altre regioni del territorio nazionale: è questo uno dei problemi fondamentali da porre all’attenzione della classe politica”.
Il Veneto – riferisce la nota – è anche tra le 12 Regioni dov’è stata riconosciuta, per entrambi i sessi se ne hanno diritto, l’esenzione D99, relativa all’accesso ai servizi di screening e di monitoraggio. Dati alla mano, permette a chi ha la mutazione un risparmio pari a circa 600-800 euro annui di ticket per esami diagnostici. “Tale situazione rappresenta una discrasia di trattamento inaccettabile tra le diverse cittadine italiane – sottolinea Loredana Pau, vicepresidente Europa Donna Italia – Il Veneto rappresenta un esempio virtuoso, essendo stata una tra le prime a riconoscere tale esenzione, ma possono essere, sicuramente, apportati dei miglioramenti rispetto al coinvolgimento attivo del mondo associativo all’interno della definizione delle politiche sanitarie e, più nel dettaglio, oncologiche. Un grande passo avanti nella collaborazione tra società civile e istituzioni è stato fatto con la recente adozione di una delibera regionale che stabilisce il coinvolgimento delle associazioni nel processo decisionale che riguarda la sanità”.
Il Veneto – evidenzia la nota – ha adottato un provvedimento che sancisce l’adozione di un modello di sanità partecipata nel quale la programmazione verrà condivisa con le Associazioni dei pazienti e dei familiari. Il provvedimento prevede l’istituzione dell’assemblea permanente delle organizzazioni dei cittadini e dei pazienti e la cabina di regia della Sanità partecipata.
“In questo contesto, il ruolo fondamentale dell’associazione emerge come un faro di sostegno per le pazienti scoprono di essere portatrici della mutazione – afferma Daniela Terribile, presidente di Susan Komen Italia – Allo stesso modo diventa essenziale per le donne il cui stato mutato viene rivelato attraverso indagini familiari. La verifica della familiarità fin dal primo accesso alla mammografia di screening permette di agevolare e ottimizzare i percorsi successivi e le offerte di cura e prevenzione appropriate. Altrettanto necessario disporre di centri qualificati per la gestione di soggetti ad alto rischio di tumori eredo-familiari che dispongano di tutte le figure di questo complesso percorso. Unendo le forze con le associazioni, e in sinergia con le istituzioni possiamo raggiungere un progresso significativo in tal senso”.
Dalle associazioni dei pazienti la richiesta di miglioramento della presa in carico delle pazienti con mutazione Brca. “Emerge la necessità di rendere il più semplice possibile l’accesso al test e la presa in carico dei familiari sani, ma a rischio, che devono avere accesso ai percorsi di sorveglianza/prevenzione previsti per l’alto rischio genetico – conclude Elisa Ragazzi, referente regionale aBRCAcadabra – Capillare è il nostro impegno come associazione, anche a livello comunicativo, ma gli sforzi compiuti quotidianamente vengono ripagati. A testimonianza dell’efficacia delle azioni portate avanti, sempre più giovani donne sane si rivolgono ad aBCRAcadabra. È un dato importantissimo, perché ciò consente di intercettare eventuali mutazioni prima dell’insorgenza di una patologia tumorale”.