(Adnkronos) – “Dopo il recente riconoscimento del valore di belimumab nella nefrite lupica, non ci siamo fermati e stiamo studiando nuove soluzioni per chi soffre di anemia da insufficienza renale cronica. Con questa logica Gsk entra in nefrologia, lavoriamo per trasferire le evidenze scientifiche all’avanguardia in prospettive terapeutiche per i bisogni non soddisfatti dei pazienti”. Così Elisabetta Campagnoli, Specialty medical head Gsk Italia, in occasione della Giornata mondiale del rene che si celebra oggi, 9 marzo.
“La malattia da insufficienza renale cronica impatta pesantemente sul benessere di circa 700 milioni di pazienti nel mondo, circa 4 milioni solo in Italia – aggiunge Campagnoli -. Ben 100 milioni di persone in queste condizioni sviluppano anche anemia, con conseguente aumento della morbilità, mortalità e riduzione della qualità della vita. Gli attuali standard di cura con gli agenti che stimolano l’eritropoiesi (Esa), ovvero la produzione di globuli rossi da parte del midollo, ha consentito di ottenere risultati significativi in questo senso – continua – purtroppo i farmaci sono ancora disponibili solo in formulazione iniettabile, con evidenti impatti in termini di qualità di vita dei pazienti e in assenza di alternative terapeutiche nel momento in cui non siano più efficaci. Per questo stiamo lavorando per rendere disponibili opzioni alternative in grado di ridurre l’onere per i pazienti e dare opzioni aggiuntive”.
“Il rene – ricorda l’esperta – è un organo nobile, anche se spesso lo dimentichiamo. Le alterazioni della sua funzione vanno ad impattare su numerose attività dell’organismo, ben oltre il semplice ruolo di organo emuntore. Basta pensare al ruolo di questo organo nel controllo della pressione arteriosa, del metabolismo, dell’omeostasi dell’emoglobina e quindi dell’anemia legata ad insufficienza renale. Proprio in questo settore stiamo lavorando per offrire una più elevata qualità di vita dei pazienti e soddisfare i loro bisogni insoddisfatti”.
A tale proposito, in Italia, “abbiamo già iniziato a collaborare con le principali società scientifiche in ambito nefrologico, come la Sin (Società italiana di nefrologia) – sottolinea Campagnoli -. In questo senso stiamo portando avanti progetti da qualche tempo, così come stiamo iniziando ad operare in stretto contatto anche con le associazioni pazienti per comprendere a fondo i loro bisogni, colmare quelli insoddisfatti e supportarli nel creare awareness”, conoscenza, “su una patologia cronica così importante ma sottostimata, soprattutto nel suo impatto sul malato”.
Il percorso in nefrologia è iniziato da tempo per l’azienda. “Il nostro primo passo in questo ambito – precisa Campagnoli – fa seguito a tutto il lavoro fatto per estendere al trattamento dei pazienti affetti da Les (Lupus eritematoso sistemico, ndr) con nefrite lupica dell’anticorpo monoclonale belimumab, che ha mostrato di poter proteggere dalle complicanze severe renali. Belimumab, aggiunto alla terapia standard nella gestione della nefrite lupica attiva, porta a un miglioramento degli esiti a lungo termine per i pazienti, aumentando i tassi di risposta alle terapie e ritardando l’ulteriore progressione della malattia renale. Il nostro impegno in nefrologia – continua – si inserisce in questo percorso scientifico per trovare nuove soluzioni terapeutiche per le persone che soffrono di anemia legata all’insufficienza renale. Come? Partendo dall’approfondimento dei meccanismi che regolano i livelli di ossigeno nelle nostre cellule”.
Fare innovazione, “significa partire dalla scienza d’avanguardia, per trasferire poi ai pazienti quanto può davvero fare la differenza – ribadisce Campagnoli – E’ questa la filosofia dell’approccio agnostico in ricerca di Gsk. Puntiamo a realizzare un circolo virtuoso che parte dall’analisi dei meccanismi biologici e molecolari della malattia, per giungere poi all’identificazione di soluzioni terapeutiche innovative in grado di rispondere alle necessità del paziente. Questo modello – aggiunge – guida la nostra attività di ricerca e sviluppo, incentrata sulla scienza del sistema immunitario, sulla genetica umana e sulle tecnologie avanzate, sullo sviluppo di vaccini e farmaci. Ci concentriamo principalmente su quattro aree terapeutiche: malattie infettive, Hiv, oncologia e immunologia. La nostra attenzione alla scienza del sistema immunitario – conclude – ci ha aiutato a sviluppare farmaci biologici per condizioni immuno-mediate come il lupus, la nefrite lupica, per allargarci in futuro all’artrite reumatoide e a una serie di altre malattie infiammatorie”.