Il 2020 segna anche per le imprese un miglioramento della situazione per tutte le classi. Per la prima volta anche i prezzi per i clienti industriali della penultima classe (da 20 a 70 MWh di consumo annuo) presentano un differenziale negativo rispetto ai prezzi dell’Area euro (-3%, contro il +15% del 2019), mentre l’ultima classe (da 70 a 150 MWh) torna al segno meno, anche in misura consistente (-16%) dopo il +6% del 2019. E’ quanto emerge dalla Relazione annuale dell’Arera.
I prezzi italiani per la prima classe (consumi inferiori a 20 MWh/anno) restano invece più cari del 27%, sia pure in miglioramento rispetto al +41% del 2019. Per le altre tre classi resta un differenziale positivo, che però si riduce in maniera sostenuta (dal +17 al +5%, dal +20% al + 8 dal +15% al +3%). Ancora nel 2016, i differenziali di prezzo tra l’Italia e l’Area euro oscillavano nelle varie classi tra il +20% e il +30% (a esclusione dell’ultima classe ferma al +10%).
Ancora più sensibile il calo del differenziale positivo con l’Area euro per quanto riguarda la componente oneri e imposte per le prime tre classi, compreso tra il 60% e il 30% nel 2019 e ora tra il 40% e il 15%; per le altre tre classi, dove invece il differenziale è negativo, si è assistito a un deciso ampliamento del vantaggio relativo (-30% per la classe IE e -61% per la classe IF, contro il -3% e il -36% del 2019). Passando al confronto con i principali paesi europei, i prezzi medi italiani al lordo degli oneri e delle imposte continuano, come oramai da anni, a non essere quelli più elevati tra i principali paesi europei. I consumatori industriali di energia elettrica del nostro Paese pagano prezzi più convenienti rispetto agli omologhi tedeschi, con differenziali negativi che si amplianos ignificativamente rispetto al 2019, fino al -33% e -43% per le classi IE e IF (erano -8% e – 20% nel 2019).