“Spesso l’istruttoria è lunga e farraginosa. Ebbene, noi abbiamo avviato un progetto che consentirà, alla fine di quest’anno, di comprimere i tempi istruttori notevolmente. Sostituiremo la piattaforma informatica, che non è più in grado di fare dialogare tutti gli attori del procedimento, in tempo reale. Quindi, questo progetto vedrà la luce, a regime, dopo l’estate del 2022. E questo è già un passo importante e una riposta alle lungaggini burocratiche”. Lo ha detto il Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Prefetto Giovanna Stefania Cagliostro, intervenendo oggi al convegno ‘Racket e usura, il virus che contagia l’economia’ organizzato dalla Prefettura di Palermo e dalla Commissione straordinaria del Comune di Partinico (Palermo), composto da Concetta Caruso, Maria Baratta e Isabella Giusto.
“Questa è un’occasione che da l’opportunità, soprattutto a me, di confrontarmi con la realtà e con i territori e fare questa iniziativa proprio in un territorio come Partinico ha un valore aggiunto”, dice ancora il Prefetto Cagliostro. “La vittima che denuncia non ha né tempo né voglia di aspettare perché nel momento in cui decide di fare questo passo ha bisogno di risposte certe, e spesso non ha abbastanza fiducia nello Stato. E io qui rappresento qui lo Stato”, spiega. “Denunciare conviene, perché la vittima non viene lasciata assolutamente sola”, dice. Il Prefetto Cagliostro ha voluto ringraziare anche il mondo dell’associazionismo perché “accompagnano la vittima non solo nel momento in cui decide ma quando noi eroghiamo i fondi, in quei momenti la vittima è confusa e disorientata”. Il Prefetto ha quindi elencato gli ultimi dati su racket e usura: “Sono dati non soddisfacenti”, annuncia. “Nel 2019 sono state presentate 314 istanze di risarcimento per estorsione e nel 2020 sono state 284”, sul fronte dell’usura “nel 2019 erano 418 e nel 2020 appena 255”.
“L’estorsione e l’usura sono pratiche che impediscono di creare futuro e prospettive. E la lotta al racket passa anche attraverso la creazione di un clima di fiducia nelle istituzioni, che possa rendere esigibili tutti gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, soprattutto la prevenzione. L’unico modo per farcela è denunciare”, ha detto il Prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani, durante i saluti istituzionali del convegno su Racket e Usura, moderato dalla giornalista Adnkronos Elvira Terranova. “Voglio dare atto alla Commissione straordinaria del Comune di Partinico del lavoro importantissimo che sta svolgendo, non solo per ripristinare la legalità attraverso l’assunzione di tutti quegli atti che servono a mantenere le prassi e le procedure per svolgere in modo preciso il compito fondamentale che una amministrazione comunale deve svolgere – ha detto – Ma voglio riconoscere anche i meriti di questa Commissione in una attività ulteriore, che è il ripristino anche sociale delle premesse che servono a mantenere nel tempo i risultati raggiunti. Questo vuol dire creare anche fiducia nei cittadini che sanno che possono rivolgersi al Comune per avere i propri diritti”.
Molto apprezzato anche l’intervento dell’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi. “Il fenomeno mafioso è ormai molto diffuso e va oltre i confini della Sicilia, in tutti gli ambiti legati al potere economico. E’ maturata nella Chiesa una chiara convinzione dell’incompatibilità tra fede e mafia. Una esplicita condanna della mafia. Occorre un impegno di tutta la Chiesa in direzione della liberazione dalla piaga della mafia, dell’usura e del pizzo”, ha detto nel suo intervento monsignor Pennisi, che è anche componente del gruppo di lavoro sulla scomunica alle mafie presso il Vaticano. L’arcivescovo ha riaffermato la “radicale incompatibilità tra mafia e vita cristiana e il rifiuto di ogni compromissione della comunita’ ecclesiale con il fenomeno mafioso”, ha detto.”Il racket e l’usura sono piaghe cancrenose della nostra societa’ collegate anche con le varie mafie. – ha aggiunto – Il fenomeno mafioso nei molteplici aspetti e nelle diverse nomenclature e’ ormai molto diffuso e va oltre i confini della Sicilia e dell’Italia stessa fino a radicarsi in territori una volta insospettabili e in tutti gli ambiti legati soprattutto al potere economico: mercato della droga, sfruttamento della prostituzione, vari tipi di racket pratica dell’usura, infiltrazioni nella vita politica”.
“La Chiesa di Monreale, con questa e con altre iniziative attraverso la Caritas diocesana e le Caritas parrocchiali – ha precisato -, vuole dare un contributo al bene comune e un segnale forte a tutta la societa’ riaffermando la radicale incompatibilità tra mafia e vita cristiana e di conseguente rifiuto di ogni compromissione della comunita’ ecclesiale col fenomeno mafioso”. Per Pennisi: “E’ compito della Chiesa sia aiutare a prendere consapevolezza che tutti, anche i cristiani, alimentiamo l’humus dove alligna e facilmente cresce la mafia, sia indurre al superamento dell’attuale situazione attraverso la conversione al Vangelo, capace di creare una cultura antimafia fondata sulla consapevolezza che il bene comune e’ frutto dell’apporto responsabile di tutti e di ciascuno”.
Per il Procuratore aggiunto di Palermo Annamaria Picozzi, “niente come l’estorsione e l’usura costituisce delle fonti di contaminazione criminale dell’economia”, “sono una messa in pericolo di rango costituzionale, fenomeni lesivi della libertà personale, del diritto al lavoro, diritti tutelati non solo dalla Costituzione, ma costituiscono le basi fondanti dell’Unione europea”.
L’assessore regionale all’Ambiente Salvatore Cordaro, venuto in rappresentanza del Governatore Nello Musumeci, ha ribadito nel suo intervento che “bisognerebbe inasprire le pene per chi paga ancora il pizzo”.
Il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Francesco Del Bene ha voluto ribadire che “La mafia non è stata sconfitta, è stata sconfitta la frazione Corleonese, che ha rappresentato una stagione di Cosa nostra, ma è un fenomeno ancora presente e pervasivo ed è dimostrato dalle operazione nel territorio e dallo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose”. “Cosa nostra è in difficoltà, ma è camaleontica ed è in grado di adeguarsi ai tempi e ai momenti E in questo momento di crisi legata alla pandemia – ha aggiunto – vede proprio nella pandemia e nei finanziamenti che arriveranno una occasione di rinascita e profitto”. E ha spiegato: “La pressione del pizzo resta forte”, “perché resta una forma privilegiata di controllo del territorio”. “Nell’ultimo periodo tra estorsore e vittima si crea una sorta di contratto – dice il magistrato – In questo periodo i mafiosi se ne sono accorti di chi era in crisi e chi no, e a chi era in difficoltà invece di chiedere il pizzo, si offriva aiuto economico, liquidità per andare avanti; in questa situazione un imprenditore si trova in enorme difficoltà”. Nel centro e nord Italia “sono stati gli imprenditori ad avere accettato l’organizzazione mafiosa e ora è molto difficile investigare. Siamo in una fase di confusione tra economia legale ed economia illegale; e quest’ultima sta invadendo l’altra, al punto che i confini non sono più chiari. Per Del Bene gli strumenti ci sono. “E’ un problema – avverte – di natura culturale. Dobbiamo educare i ragazzi, gli imprenditori avvicinati a pensare per lo Stato”. Serve, insomma, una presa di coscienza. Siamo in una fase di regressione – denuncia Del Bene – dovuta a una crisi economica pandemica, pero’ ciascuno deve esercitare il proprio ruolo, gli strumenti ci sono, le associazioni di categoria pure. Ma ci vuole uno scatto d’orgoglio da parte di tutti, perche’ dobbiamo liberarci da questa cultura mafiosa”.
La pm Federica La Chioma, che si occupa di racket e usura, nel suo intervento ha spiegato che “spesso l’iniziativa è della vittima, dell’usurato e non dell’usuraio”. E ha ricordato che dietro l’usura “spesso c’è la mafia”, che “consente il controllo del territorio”. Il Comandante provinciale dei Carabinieri, il generale Giuseppe De Liso ha voluto ricordare, nel suo intervento, che “Nella sola provincia di Palermo dall’inizio dell’anno ad essere accertate dalle forze dell’ordine 216 estorsioni. Ma sono ancora pochissimi quelli che denunciano, si parla di un 6 per cento all’incirca”. “Come Arma abbiamo seguito 115 di questi episodi estorsivi – afferma – ma le denunce ricevute sono state soltanto 7”.
E il Questore di Palermo Leolopolo Laricchia ha ribadito che “il pizzo è stato chiesto anche durante il lockdown, è emerso da alcune indagini. L’ultima operazione fatto sul quartiere di Ciaculli a Palermo ha messo in luce ben una cinquantina di episodi estortivi a fronte di nessuna denuncia. Anzi dalle intercettazioni è emerso un quadro inquietante dove addirittura l’estorto viveva la sua condizione come fosse affetto dalla ‘Sindrome di Stoccolma’. La vittima vedeva il suo estorsore come il necessario percorso per giustificare l’esborso delle somme richieste”.
Il colonnello Andrea Canale, Comandante del Gruppo territoriale della Guardia di Finanza di Palermo, ha ricordato uno delle ultime operazioni antiracket nel quartiere Vucciria di Palermo dove la vittima, un imprenditore, stanco delle continue richieste minacciose ha denunciato, con l’aiuto dell’associazione antiracket e antiusura Solidaria. “Grazie alle associazioni questa persona ha trovato il coraggio per avvicinarsi a noi”, ha detto. “Tanto l’estorsione quanto l’usura rappresentano uno dei reati più vergognosi e subdoli perché non solo colpiscono il singolo cittadino ma contamina il tessuto economico”.
Sono intervenuti anche i rappresentanti di alcune associazioni antiracket e antiusura: Salvatore Caradonna di Addiopizzo, Salvatore Cernigliaro di Solisaria, Vito Lomonaco del Centro Pio La Torre e Manfredi Zammataro di Codici Sicilia, che hanno ribadito l’esostenza di una “rete istituzionale in grado di dare il supporto efficace”. “Dobbiamo impegnarci ancora di più in territori difficili come questo”, dice.