(Adnkronos) – I buoni pasto sono uno strumento molto utilizzato da quei datori di lavoro che vogliono riconoscere dei benefit ai loro dipendenti. Eppure, nell’ultimo periodo sono sempre di più i commercianti e i ristoratori che si sono opposti ai buoni pasto, rifiutandosi di accettarli come metodo di pagamento a causa delle elevate commissioni di cui devono farsi carico.
Come ci ricorda Money.it, infatti, ogni ticket restaurant costa a chi lo accetta come metodo di pagamento una commissione che a seconda dei casi va dal 10% al 20% del valore del titolo: ad esempio, su un buono pasto del valore di 20 euro il commerciante incassa una cifra che, a seconda della commissione applicata, va dai 18 ai 16 euro.
Viste tali difficoltà, con i lavoratori che potrebbero ritrovarsi nella spiacevole situazione di non sapere più dove utilizzare i buoni pasto erogati dall’azienda, c’è chi fa pressione sul governo per chiedere che tale strumento possa essere inserito direttamente in busta paga.
Quello dei buoni pasto pagati contestualmente allo stipendio è un tema molto caro ai sindacati, mentre negli ultimi giorni è Altroconsumo ad aver lanciato una petizione dove chiunque può firmare così da chiedere al governo di approvare una legge ad hoc.
D’altronde, permettendo di pagare il valore del buono pasto direttamente in busta paga sarebbero circa 3 milioni di lavoratori italiani a beneficiare dell’aumento di stipendio, con vantaggi non solo economici. Una tale soluzione, infatti, permetterebbe alle aziende di gestire in maniera più snella, e semplice, il capitolo di bilancio dedicato alle spese per i pasti dei dipendenti, senza poi trascurare l’aspetto emotivo visto che l’aumento dello stipendio comporterebbe anche una maggiore soddisfazione dei lavoratori, con vantaggi sul clima aziendale.
Ovviamente, da parte sua il governo dovrebbe andare incontro alle esigenze dei datori di lavoro, facendo sì che le indennità di mensa corrisposte direttamente in busta paga non siano tassabili, almeno per un importo di 8 euro al giorno.