Al suo nome sono legati gli episodi più macabri e cruenti della storia di Cosa Nostra. Un uomo capace, 25 anni fa, dopo 2 anni di segregazione, di far strangolare e poi sciogliere nell’acido un bambino di soli 14 anni (Giuseppe Di Matteo), perché figlio di un pentito.
Per non parlare poi dell’attentato ‘filmico’ (per modalità) nel 1992, perpetrato a danno del Giudice Falcone e della sua scorta, sull’autostrada di Capaci, a Palermo.
Di questo, e forse anche di chissà cos’altro, si è macchiato ‘u verru’ (‘il porco’ nel dialetto della sua terra), al secolo Giovanni Brusca (nella foto nel giorno del suo arresto), ex boss di San Giuseppe Jato, pentitosi dopo il suo arresto.
Ed è stato proprio in virtù della sua scelta – per la quale aveva appunto ucciso un ragazzino – che ‘u verru’ ha potuto ottenere ‘sostanziosi’ sconti di pena.
Così, per effetto della legge del 13 febbraio del 2001, Brusca ha finito di scontare la propria pena detentiva, e nel pomeriggio di ieri ha lasciato il carcere romano di Rebibbia, dove era recluso.
Dunque, dopo poco più di vent’anni, Giovanni Brusca torna ad essere un uomo libero (si fa per dire, visto il pentimento) ma, come dicevamo, la sua collaborazione con la giustizia ha contribuito a smantellare buona parte della ‘Cupola’ e dunque, ‘obtorto collo’, bisogna purtroppo accettarlo.
E’ la stessa Maria Falcone, sorella del giudice, a rimarcarlo: “Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso. Ogni altro commento mi pare del tutto inopportuno”.
Piuttosto, a tormentare la donna è un’altra questione: “La stessa magistratura in più occasioni ha espresso dubbi sulla completezza delle rivelazioni di Brusca, soprattutto quelle relative al patrimonio che, probabilmente, non è stato tutto confiscato: non è più il tempo di mezze verità e sarebbe un insulto a Giovanni, Francesca, Vito, Antonio e Rocco che un uomo che si è macchiato di crimini orribili possa tornare libero a godere di ricchezze sporche di sangue”.
Ovviamente la notizia della scarcerazione di Brusca ha impressionato – e irritato – moltissime persone. Tra queste soprattutto la vedova di Antonio Montinaro (caposcorta di Falcone), Tina, la quale ha affermato di essere “Indignata, sono veramente indignata. Lo Stato ci rema contro. Noi dopo 29 anni non conosciamo ancora la verità sulle stragi e Giovanni Brusca, l’uomo che ha distrutto la mia famiglia, è libero. Sa qual è la verità? Che questo Stato ci rema contro. Io adesso cosa racconterò al mio nipotino? Che l’uomo che ha ucciso il nonno gira liberamente? Dovrebbe indignarsi tutta l’Italia e non solo io che ho perso mio marito. Ma non succede. Queste persone vengono solo a commemorare il 23 maggio Falcone e si ricordano di ‘Giovanni e Paolo’. Ma non si indigna nessuno“.
La Montinaro che ha ancora negli occhi, la vedova dell’agente Schifani quando, in occasione dei funerali di Falcone e della sua scorta, commosse l’Italia intera con il suo invito al pentimento rivolto ai mafiosi, oggi collabora con la Polizia, e visita le scuole per raccontare la storia del giudice, e quella di suo marito, l’angelo custode.
Ma la grinta è sempre quella, “Tutta la Sicilia dovrebbe scendere in piazza – afferma ancora la donna – Sono davvero indignata e amareggiata Quando questi signori prendono queste decisioni, come la scarcerazione di Brusca, non pensano a noi familiari, non pensano alle vittime. Lo Stato non sta dando un grande esempio. Abbiamo uno Stato che ha fatto memoria per finta. Mancano le parole. Cosa c’è sotto? A noi la verità non è stata detta e lui è fuori e loro continuano a dire perché ha collaborato… E’ incredibile. O ha detto una verità che a noi non è stata raccontata“. La Montinaro ha una sua ‘lettura’ della questione: ”c’è una giustizia che non è giustizia, allora è inutile cercare Matteo Messina Denaro, noi continuiamo a fare memoria, mi sa che c’è uno Stato che ci rema contro, una politica che ci rema contro…“.
L’unico scampato a quella micidiale carica di tritolo (fatta esplodere a distanza proprio da Brusca), che cancellò un tratto di autostrada, oggi ‘sopravvive’ a quel terribile choc, facendo i conti quotidianamente con le conseguenze fisiche e mentali che ha comportato. “E’ una notizia che sicuramente non mi fa piacere”, afferma perentoriamente Giuseppe Costanza, autista del giudice Falcone, quel giorno sfuggito per un soffio alla strage di Capaci.
La libertà di Brusca, commenta l’uomo, “E’ un’offesa per le persone che sono morte in quella strage. Secondo me dovevano buttare via le chiavi“.
Max