“Rispettiamo chiaramente le decisioni dell’autorità giudiziaria, ma come mamma di Giuseppe, insieme con mio figlio Nicola, non possiamo assolutamente accettare tutto questo”. Sono le parole che Franca Castellese, la madre del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bambini rapito e sciolto nell’acido, affida all’Adnkronos attraverso la sua legale, l’avvocato Monica Genovese. Di più non vuole dire mamma Franca. Il figlio Giuseppe venne prima strangolato e poi sciolto nell’acido, dopo 779 giorni di prigionia, per ‘punire’ il marito Santino Di Matteo che aveva deciso di collaborare con la giustizia. Oltre 40 mafiosi sono stati condannati per questo orribile omicidio, tra i quali l’ex boss Giovanni Brusca, che strangolò con le sue mani il bambino che aveva visto crescere.
Giuseppe Di Matteo venne rapito a 12 anni il 23 novembre del 1993 da un commando di mafiosi travestiti da poliziotti della Dia, mentre era al maneggio, la sua grande passione. I finti poliziotti gli dissero che lo avrebbero portato dal padre, che era stato trasferito in una località protetta dopo la decisione di collaborare con la giustizia.
“All’inizio urlava: ‘papa’ mio, amore mio'”, ha raccontato in aula il pentito Gaspare Spatuzza, chiedendo perdono. “Poi l’abbiamo legato come un animale e l’abbiamo lasciato nel cassone. Lui piangeva, siamo tornati indietro perché ci è uscita fuori quel poco di umanità che ancora avevamo”, ha raccontato Spatuzza. “Il bimbo ci chiamò dicendo che doveva andare in bagno ma non era vero. Aveva solo paura. Allora tornammo indietro per rassicurarlo e gli dicemmo che ci saremmo rivisti all’indomani, invece non lo rivedemmo mai più”. Il piccolo venne portato in giro per la Sicilia, in diversi luoghi. Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta. Poi, quando i boss capirono che il padre, Santino Di Matteo, non avrebbe mai ritrattato, lo uccisero. Indebolito dalla lunga prigionia Giuseppe morì subito. Prima gli strinsero una corda attorno al collo, poi lo sciolsero nell’acido.
Ecco il racconto agghiacciante del pentito Vincenzo Chiodo degli ultimi istanti di vita del bambino: “Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho buttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe, gli dice ‘mi dispiace’ rivolto al bambino ‘tuo papà ha fatto il cornuto’ (…) il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era… come voglio dire, non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle…”. (di Elvira Terranova)